Anche nei giorni di manovra finanziaria e “cambi di casacca” proseguono le trattative per la nuova legge elettorale, che vada a sostituire l’attuale Rosatellum, da tutti ritenuto scialbo.
Dopo l’iniziale spinta del centrodestra verso un sistema tutto maggioritario (a cui comunque punta il referendum abrogativo in corso di perfezionamento), ora sembra che in molti propendano per il proporzionale semplice.
Sembra un paradossale ritorno al passato. Perché anche dopo la II guerra mondiale il dibattito per la legge elettorale che doveva sostituire la legge Acerbi fu acceso. E anche lì si confrontavano partiti molto diversi che avevano molto timore di non prevalere.
Democristiani, comunisti, socialisti, liberali alla fine convennero sulla tipologia di legge che poteva garantire a tutti il numero di seggi più corrispondente al numero dei voti. Cioè il proporzionale semplice.
Così si arrivo al decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946 n 74 che scelse la legge elettorale per la assemblea costituente. Che venne confermato anche per le elezioni politiche del 1948 (rimasto fino ale 1992).
In fondo con il proporzionale semplice non si garantisce la governabilità, ma si assicura la più fedele rappresentanza delle forze in campo.
A ciascuno il suo.
E in questa fase di 3 (o forse 4) poli in campo, con grande fluidità di elettorato, forse siamo in una situazione molto simile a quella del 1946.
Con tutti che convergeranno sul sistema che garantisce a ciascuno i seggi che corrispondono ai voti. Senza premi di maggioranza o sbarramenti o collegi.
Allora voteremo di nuovo con il proporzionale?