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Da Bossi a Zaia, tutti con Salvini. Il congresso della Lega visto da Becchi

Quello della Lega è stato un Congresso che ha aperto una nuova fase, senza dimenticare la sua storia. Tensioni tra nuova e vecchia guardia? Nessuna, e le assenze – come quella di Roberto Maroni – saranno dovute a ragioni personali più che politiche. A crederlo è Paolo Becchi, già ideologo del Movimento 5 Stelle che al tempo del governo gialloverde esultava al matrimonio delle due forze “di rottura” della politica italiana. Becchi, ospite della Lega, ha parlato prima di Matteo Salvini è ha spiegato che è giunto il momento di fare un passo successivo: “Non solo sovranismo identitario, ma anche sovranismo sociale, solo così la Lega potrà conquistare i voti di tutti gli italiani”.

Professore, com’è andata a Milano?

Sono stato molto contento di essere stato chiamato a fare un intervento al Congresso della Lega, temo sfortunatamente come ha detto Salvini che nessuno ne parlerà, ma si concentreranno sui presunti scontri interni o sui milioni di rimborsi pubblici. Invece è un congresso importante perché mostra che la Lega cambia e si adatta ai tempi in cui viviamo. È stato un congresso ben riuscito per molte ragioni.

Ce ne dica alcune…

L’idea, ad esempio, che non c’è più una questione settentrionale o meridionale ma nazionale, punto con cui ho chiuso il mio intervento. Poi la partecipazione, che mi sembra molto importante, di Umberto Bossi che anche se un po’ malconcio ha fatto un intervento lungo con applauso e standing ovation che segna una totale continuità tra la vecchia e la nuova Lega. Non c’è nessuna frattura. Matteo può contare su un partito solidissimo – e questa è una grande differenza con M5S – in cui la differenza delle posizioni è ammessa e in cui l’intervento più lungo viene lasciato a un professore che non è parte integrante dell’organigramma leghista e questo è un grande segno di apertura culturale.

Eppure qualche assenza c’è stata, ad esempio Roberto Maroni…

Devo dire che pensavo di vederlo, pensavo che sarebbe venuto. Chissà che ragioni ci saranno dietro, ma potrebbero essere più personali che politiche perché vedere arrivare Bossi, il fondatore, applaudito da tutti e messo al tavolo della presidenza mostra una totale continuità, quindi cosa Maroni abbia in testa saranno fatti suoi.

Questa mattina in una intervista ha detto che “se il Nord non verrà più ascoltato potrebbe nascere qualcosa di diverso”. Salvini sta abbandonando il nord?

Il nord non è abbandonato, ma il problema è che oltre al nord c’è un intero Paese da salvare ed è questo il nuovo obiettivo della Lega. Il nord non viene abbandonato, infatti ci sono stati gli interventi di tutti i presidenti delle regioni governati dal Carroccio, forse se qualcuno non ha potuto parlare è a causa di altri interventi precedenti che si sono dilungati troppo.

Oggi Corrado Ocone su Formiche.net ha parlato di due elementi per fare il grande salto: “Una identità e una cultura politica più ampia di quella ‘sovranista’, e una gestione più collegiale”. Cosa ne pensa?

Quale sarebbe la cultura che va oltre quella sovranista? L’intervento che oggi ho fatto è stato proprio per spiegare cosa significa sovranismo. Partendo da Miglio, ma andando oltre miglio, cioè partendo dall’idea da lui lasciata di federalismo che poteva essere divisivo oggi va avanti una Lega in cui il messaggio federalista resta, ma ha un significato unitario. Il sovranismo di cui ho parlato, che ho definito sovranismo debole, si sposa perfettamente sia con il federalismo che con il liberalismo e questo ha sorpreso un po’ tutti, ma non mi pare che Salvini abbia preso poi una posizione contraria a quello che ho detto. Ma il mio intervento era chiaramente a titolo personale.

Come vede invece le dinamiche di coalizione, con una Lega che si rapporta con la forza di Giorgia Meloni – che come dicono i sondaggi erode un po’ di consensi – e con i moderati di Forza Italia?

Io a queste categorie di centro, destra o sinistra non ci credo più, sono superate. Certo c’è una competizione sulle ossa, ormai, di Forza Italia, tra Salvini e Meloni, ma Meloni ha un voto molto più relativo, non può aspirare e diventare un partito della nazione come sta diventando la Lega.

Perché?

Perché si rivolge ad un’opinione pubblica molto più ristretta. Che poi i giornali e le televisioni cerchino di mostrare che Meloni sta superando Salvini  è un gioco mediatico, così come le Sardine, per mettere zizzania. Al di là di questo penso però che una sana competizione nell’ambito di una coalizione sia anzi positiva. Quello che distingue la Lega è che potrebbe elaborare un pensiero politico valido per i nuovi tempi, riadattando l’idea originale del federalismo in un’ottica più ampia e aprendo il discorso di un sovranismo che non è solo identitario, ma anche sociale. Meloni è il vecchio nazionalismo, invece, che riscuote successo ma è ancorato al passato.

Certificata la nuova fase della Lega, quale pensa sia il maggiore “nemico” politico di Salvini? Chi dovrebbe temere, elettoralmente?

La magistratura, come del resto fu con Berlusconi. Però deve stare molto attenta, perché un conto è mettere in galera uno per frode, un conto mettere in galera una persona perché ha difeso i confini nazionali. Io credo che se facessero una cosa del genere ci sarebbe una insurrezione in Italia.

E le altre forze politiche?

Il Movimento 5 Stelle mi sembra abbastanza evidente che è allo sbando più totale, il Partito democratico avrebbe ancora una sua statura, ma hanno un incapace che li dirige quindi non sai mai come va a finire. Renzi era una persona intelligente, ma adesso vedremo. Potrebbe anche darsi che ora, da intelligente quale è, voti lui per cercare che il 20 gennaio Salvini non perda l’immunità parlamentare.

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