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L’altra faccia del Dragone. Storia degli italiani in Cina di Stefano Beltrame

Bisogna darglielo un volto, alla geopolitica. Altrimenti i grandi avvenimenti che scandiscono gli affari internazionali si riducono a costrutti teorici, alieni da qualsiasi radicamento con la realtà. La grande storia di un Paese è fatta di piccole storie di uomini e donne. La storia di una grande potenza come la Cina, ad esempio, è fatta di tante storie personali. Alcune, molte delle quali italiane. È servito il nuovo libro di Stefano Beltrame, già console italiano a Shanghai e consigliere diplomatico di Matteo Salvini al Viminale, per ricordare che l’Italia non ha imparato il mandarino con la nuova Via della Seta di Xi Jinping. “Breve storia degli italiani in Cina” (Luiss University Press, 286 pp., 24 euro) è uno scorrevole compendio della storia cinese, vista con gli occhi degli italiani che ne hanno scritto pagine indelebili.

Dai più noti, “San Marco Polo e San Matteo Ricci”, così li ribattezza scherzando l’autore, l’esploratore veneziano e il missionario gesuita ancora oggi considerati i due “italiani” per antonomasia nell’ex Celeste impero, al pittore e missionario Giuseppe Castiglione, che con le sue opere nella Città Proibita incantò ben tre imperatori nel XVI secolo. Dall’impavido aviatore Silvio Scaroni, inviato dal regime fascista in aiuto al comandante del Kuomintang Chiang Kai-shek, a Galeazzo Ciano, il potente genero di Benito Mussolini spedito a Shanghai come ambasciatore, prima di diventare ministro della Propaganda, fino a Enrico Mattei, il pioniere del petrolio italiano e fondatore dell’Eni che alla fine degli anni ’50 è volato alla volta di Pechino per conquistare il mercato cinese. La lista è lunga, più di quanto si potrebbe immaginare.

Beltrame la snocciola con aneddoti e istantanee di un mondo che non c’è più. Racconta la guerra fra Cina e Giappone, che complica le cose alla Roma fascista, alleata di Tokyo e dei nazionalisti cinesi, poi sconfitti dai comunisti e confinati a Taiwan. La Cina vista dall’Italia del dopoguerra, quella con il più grande partito comunista d’Europa che però era organicamente legato all’Unione Sovietica, troppo anche per la Cina comunista di Mao. La tessitura paziente e instancabile dei rapporti con il Dragone dei socialisti e di una parte dell’universo cattolico.

beltrame italiani in cina

Il libro dell’ex console è una cinepresa d’epoca che riprende la lunga e travagliata storia delle relazioni diplomatiche fra il Belpaese e l’ex Impero di mezzo. E spiega perché oggi la Cina globale e (parzialmente) globalizzata di Xi guardi con tanto interesse all’Italia. “Sono un popolo straordinariamente pragmatico, i cinesi fanno quello che dicono e dicono quello che fanno – ha detto Beltrame alla presentazione del volume alla Luiss con la vicepresidente Paola Severino e il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni – il comunismo oggi è vivo e vegeto e convive con il capitalismo, chi studia e conosce la Cina sa che è vero tutto il contrario di tutto”.

“Non è solo una breve storia degli italiani in Cina, ma la storia della Cina e parallelamente di come gli italiani abbiano provato a inserirsi in un mondo diverso, per certi versi sconosciuto – ha commentato Belloni – io non credo che Beltrame voglia farci tanto conoscere la storia cinese quanto piuttosto attraverso di essa darci tre, quattro chiavi di lettura dell’Occidente”.

Oggi qualcuno vede in Italia un eccessivo avvicinamento geopolitico alla Città Proibita. Complice il memorandum sulla Via della Seta firmato a Roma dal governo gialloverde alla presenza di Xi. Beltrame e Belloni sono stati entrambi protagonisti assoluti di questa stagione diplomatica. Il segretario generale della Farnesina difende ancora oggi, dal suo ruolo, le scelte fatte: “Tutti i valori che noi e l’Ue consideriamo fondamentali sono stati recepiti nel testo senza eccessive rimostranze del governo cinese. È un unicum, e dimostra che forse anche la Cina sta avviando una riflessione su queste tematiche”.

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