Siamo ormai alla vigilia del voto britannico ed è possibile tracciare un primo bilancio della campagna elettorale in termini di comunicazione politica. Per il voto, in questa fase, occorre affidarsi ai sondaggi, che danno un tendenziale scarto a favore dei conservatori: resta da verificare quanto siano attendibili i sondaggi UK, nell’era dell’astensionismo, della depoliticizzazione e del voto con decisione last second da parte dell’elettore.
La campagna elettorale di tory e labour, concentrata dallo scioglimento anticipato del Parlamento, è apparsa intensa per le proposte (sul modello di Brexit, ma anche sull’idea di paese, una volta fuori dalla Ue) e per la sperimentazione del linguaggio comunicativo, per gli spot elettorali.
Con riferimento a questi ultimi, lo spot di Brexit Actually è stato oggetto di attenzioni da parte dei mass media, che ne hanno apprezzato lo stile parodistico di uno dei film britannici più noti, quel Love Actually del 2003, divenuto presto un cult movie nel Regno Unito. Creare uno spot evento – con la sua capacità di riprendere e dirottare un prodotto culturale nazionale molto popolare – è sicuramente una strategia efficace per far parlare di sé.
Due elementi si possono aggiungere alla valutazione dello spot: da un lato, il chiaro orientamento ad un segmento elettorale definito (donna, di ceto medio-elevato, coniugata senza figli, con un approccio molto pragmatico alla questione Brexit, definito sin dalle prime battute della comunicazione), con il consueto approccio di microtargeting elettorale anche quando la comunicazione politica va in broadcasting sui mass media generalisti; dall’altro la volontà di fare un ideale sgambetto comunicativo (con ulteriore comunicazione dei mass media al riguardo) a Hugh Grant, attore protagonista di uno degli episodi incrociati del film Love, Actually, cui la parodia elettorale si ispira. Grant si è spesso espresso pubblicamente in modo pungente su Johnson e sul tema Brexit, e lo spot sembra una risposta sardonica all’impegno politico dell’attore sul tema, oltre che un attacco indiretto alle sue posizioni. C’è da sperare che questa scelta stilistica non divenga motivo di imitazione in un contesto europeo, con il rischio di trovarsi Salvini e Renzi che riprendono scene iconiche di film di Checco Zalone o Nanni Moretti per finalità elettorali.
Differente la scelta stilistica di Jeremy Corbyn, che ha puntato su uno spot con un registro molto più emotivo e fondandosi su un approccio ancora fortemente ancorato ai valori labour. Sulle note di una canzone evocativa, molto amata, You are not alone di Emeli Sandè, lo spot di Corbyn per la fine della volata della campagna elettorale presenta una serie di immagini che rinviano ad attività ritenute rilevanti per lo sviluppo del Paese: il trasporto pubblico locale, il public housing, i centri giovanili, il Servizio Sanitario Nazionale (pilastro del welfare britannico e vero cuore dello spot, in cui si suggerisce che sarebbe a rischio di tagli e privatizzazioni, nel caso di una vittoria dei conservatori).
Dopo il richiamo iniziale ai valori del labour, compare (poco) il leader politico più solido sui principi ma meno carismatico da lungo tempo della scena laburista, in mezzo alla sua gente: manifestazioni, incontri di piazza, comizi e road trip da campagna elettorale sul campo, scioperi. Uno spot molto poco centrato sul leader, con scarsa leadership comunicativa, ma molto concentrato sui volti e sulle storie delle persone che lo sostengono. Insomma, quasi un invito a volersi identificare con il popolo della sinistra britannica, più che con la guida politica del partito. Un escamotage comunicativo basato su identità e rispecchiamento in valori e persone, più che sulla forza del leader politico. Anche in questo caso, pur riconoscendo la validità dello strumento di comunicazione – identificazione con valori e persone, piuttosto che con i politici politicanti – c’è da auspicare che lo strumento espressivo si fermi oltre Manica, con la convinzione che non risulti altrettanto iconico vedere scorrere sul video il popolo del Pd con un sottofondo musicale di Emma Marrone o la base di Pontida sulle note di Nanni Svampa.
Non resta che valutare, a urne chiuse, un elemento in più per affrontare il tema dei temi, ovvero quanto la campagna in vista delle elezioni – per quanto pensata, curata, orientata a target definiti, brillante, acuta – risulti poi efficace nel trasformare il consenso comunicativo in consenso elettorale verso una proposta politica. Il voto britannico ci potrà in questo caso dire se l’approccio pragmatico-dissacratorio dello spot di Johnson ha avuto un maggiore impatto del richiamo ideale e corale al popolo labour di Corbyn.