E allora Babbo Natale sotto l’albero ha lasciato le dimissioni dal governo del ministro della Pubblica istruzione e dell’Università Lorenzo Fioramonti. Evento già paventato nel recente passato, ma non concretizzatosi, e poi tanto tuonò che piovve.
La motivazione formale dell’abbandono del responsabile della scuola e dell’università dovrebbe far capo alla mancata assegnazione di fondi al Miur. Visto così lo si deve ritenere un nobile atto, considerato che in gioco c’è l’interesse del buon funzionamento del sistema scolastico e universitario. Insomma le dimissioni, azione meritoria del ministro. La storia, la tradizione dei governi repubblicani dicono però che in passato ci sono stati ministri che si sono sì dimessi per svariati motivi, ma mai per mancata assegnazione di risorse finanziarie al proprio dicastero, materia di competenza del concerto tra ministri col presidente del Consiglio.
Infatti, l’azione posta in essere da Fioramonti è apparsa sproporzionata rispetto al fatto in sé, tanto che ci sono state varie reazioni che hanno creduto poco alla giustificazione data dal ministro dimissionario.
E qui emerge un dato significativo che riguarda le politiche del governo e i programmi dei partiti. Fioramonti è stato proposto ministro del governo Conte 2 dal M5S che avrà impegnato, al momento della sua nomina, di guidare politiche scolastiche conformi al programma del partito. È ipotizzabile, quindi, che nelle trattative per organizzare l’azione del futuro governo siano entrate a far parte anche le scelte su scuola e università elaborate dal partito di Fioramonti e fatte proprie dal governo Conte 2.
Se questo processo c’è stato allora nessuno può accusare lo stato maggiore del M5S di aver sbagliato a chiedere conto e ragione al suo esponente di aver commesso un atto autonomo e improprio, creando in tal modo inimmaginabili e pericolose ricadute al futuro delle nostre istituzioni.
Al contrario, se Fioramonti è stato mandato da solo allo sbaraglio senza un deliberato chiaro e preciso, affidandogli tutto il carico di una responsabilità immane, allora c’è da riflettere. Il suo è stato un atto istituzionale deprecabile o apprezzabile? E chi lo può dire, visto che sono stati stravolti paradigmi, norme, regole della politica?
I maggiori responsabili sono proprio i partiti comparsi sulla scena dopo gli anni della prima esperienza repubblicana (1948-1993), compreso il M5S, diventati, come ai tempi del trasformismo giolittiano, circoli elettorali, con l’esclusiva funzione di raccogliere il voto della gente con leggi elettorali senza preferenze, che favoriscono sempre i soliti gruppi di potere e notabili. C’è, quindi, una questione da affrontare con sollecitudine che riguarda l’applicazione dell’art. 49 della Costituzione sui partiti e la urgentissima riforma elettorale che dovrà vedere il cittadino-elettore partecipe concretamente della vita politica.