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L’accordo Turchia-Libia può produrre un’escalation degli scontri in Libia?

L’accordo politico stretto tra Turchia e Libia è entrato in fase operativa due giorni fa, il giorno in cui — ci fa notare una fonte libica — sono stati abbattuti due Mig “dell’aggressore” Khalifa Haftar, il signore dell’Est che sta cercando di conquistare Tripoli, dove è insediato il Governo di accordo nazionale di matrice onusiano. Uno era guidato da un miliziano che nella Libyan National Army (Lna, nome ambizioso con cui Haftar chiama la sua forza militare) ha funzioni di comando di alto livello. “Significa che in fin dei conti l’autoproclamato Feldmaresciallo non ha linee così nutrite se manda un ufficiale in prima linea a bombare la capitale”: un ragionamento che sembra reggere.

L‘abbattimento è un argomento che non viene stressato: alla domanda se sia stata opera di sistemi spediti dalla Turchia, non vengono fornite conferme. “Potrebbero esserci aiuti militari in seguito all’accordo, potrebbero arrivare tecnologie sofisticate, altri droni, non si esclude un qualche genere di boots on the ground”, spiega la fonte che parla da Misurata, centro della controffensiva anti-Haftar sia dal punto di vista politico che militare.

“A breve ci sarà un’escalation”, spiega il nostro contatto. Le forze haftariane sono bloccate da oltre otto mesi, la non avanzata significa contrattacco. Le milizie misuratine e alcune unità da altri luoghi della Tripolitania detestano Haftar, sono pronte a tutto pur di schiacciarlo. È questo il tema profondo dietro al tentativo di riportare la situazione sul piano politico. C’è l’aggressore, c’è la voglia di vendetta degli aggrediti.

La Libia è diventata un dossier extra-europeo. Su un fronte la Turchia ha strutturato un accordo forte con Tripoli — formalizzato dal parlamento di Ankara. Dall’altro Haftar è sostenuto sul campo in forma clandestina dalla Russia, che ha inviato contractor militari per puntellare l’offensiva, e dagli Emirati, che forniscono il supporto aereo all’Lna.

Dalla Libia viene segnalato che l’assenza di risposta dell’Italia dopo l’abbattimento del Reaper dell’Aeronautica il 20 novembre, opera delle forze di Haftar, è stata percepita come “una debolezza”. Un passo indietro davanti alle rivendicazioni haftariane che hanno usato l’episodio — probabilmente frutto di un errore: credevano fosse turco? — per diffondere propaganda anti-italiana. Roma ha fatto finta di ignorarle, ma è chiaro che da un lato dello schieramento gli italiani vengano percepiti come ostili e dall’altro come “deboli”.

L’atteggiamento remissivo non ce l’hanno avuto gli Stati Uniti, che il giorno successivo hanno subito un episodio simile (forse due, secondo informazioni non ufficiali), ma hanno risposto con forza. Una delegazione composta di funzionari operativi di dipartimento di Stato, Consiglio per la Sicurezza nazionale e Pentagono è volata a Bengasi per incontrare Haftar e intimargli di fermare i combattimenti e sganciarsi dai russi.

Due giorni fa il capo del comando della Difesa americana che gestisce l’Africa, AfriCom, ha apertamente accusato i russi per l’abbattimento. L’influenza straniera sulla guerra civile libica ha raggiunto nuovi livelli, sta alzando le capacità tecnologiche messe in campo, e sembra destinata ad aumentare l’intensità dei combattimenti. Conseguenze che potrebbero ricadere sulla quantità di danni collaterali per i civili.

Oggi il ministro degli Esteri italiano, Luigi di Maio, parlando a margine dei lavori del Consiglio Affari esteri dell’Unione europea, ha definito l’accordo tra Turchia e Libia “illegittimo”. “Abbiamo ampiamente discusso del tema libico, che è una questione che ci preoccupa tantissimo come Italia e deve preoccupare l’intera Unione europea. In Libia non abbiamo più tanto tempo. La situazione del conflitto civile sta degenerando ulteriormente e il nostro obiettivo è fare in modo che si arrivi il prima possibile al cessate il fuoco”, ha detto. “Ci sono due parti che si combattono, ma queste hanno una serie di sostenitori, paesi esterni che interferiscono e con il conflitto”. ha aggiunto il capo della Farnesina: “Tutti i paesi che stanno interferendo con quel conflitto cessino qualsiasi tipo di interferenza e permettano un cessate il fuoco”.

 



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