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A Londra l’Italia si scopre fuori dal dossier libico. La versione di Mezran

Germania, Francia, Regno Unito, Turchia riunite al summit Nato per parlare di Libia, senza l’Italia. Non è un gran biglietto da visita per il premier Giuseppe Conte, che proprio a margine del vertice, nel bilaterale con il presidente americano Donald Trump, ha in programma di discutere del futuro di Tripoli e dei bombardamenti del feldmaresciallo Khalifa Haftar. L’esclusione dalla riunione Nato, che si è conclusa con un rilancio del formato di Berlino di cui l’Italia è parte, è un grave smacco per Roma, spiega a Formiche.net Karim Mezran, senior fellow dell’Atlantic Council di Washington DC.

Mezran, per l’Italia una falsa partenza…

Nulla di premeditato. Germania, Francia, Regno Unito hanno semplicemente preso atto della realtà: in Libia l’Italia è scomparsa, la Turchia oggi conta molto di più. Mentre i politici italiani si beccano nella loro aia incuranti di ciò che succede al di fuori del loro giardino i vertici internazionali proseguono.

L’Italia non è più un riferimento della Nato in Libia?

Tutti hanno notato che l’Italia si è defilata negli ultimi mesi, malgrado gli sforzi lodevoli dell’ambasciata italiana a Tripoli e di alcuni funzionari del ministero degli Esteri che hanno cercato in tutti i modi di mantenere alta l’attenzione. Ci si aspetterebbe un maggior interesse della politica italiana che invece è venuto meno. Un errore che avrà le sue conseguenze.

Quali?

In Libia ogni volta che si crea un vuoto viene subito colmato. È successo così con i russi, che hanno progressivamente preso il posto degli americani. Sta succedendo all’Italia con i turchi. Il governo italiano ha avuto una fase più assertiva in Libia, ora si è fatto da parte. Il briefing dei Paesi Nato senza l’Italia è un messaggio chiaro: non si va avanti a fasi alterne.

Conte ha assicurato che parlerà di Libia con Trump.

Le premesse non sono rosee. Per capitalizzare l’incontro Conte deve spiegare che l’Italia si è defilata dalla Libia solo per un breve periodo a causa di problemi di politica interna, ma che la regione è ancora nell’interesse nazionale italiano.

Cosa può chiedere l’Italia agli Stati Uniti?

Un intervento a fianco del governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu. È essenziale per pareggiare le forze in campo e salvare Tripoli. La capitale è continuamente sottoposta ai bombardamenti di Haftar, serve un miracolo diplomatico.

Ad esempio?

La speranza è che si schieri apertamente con il governo di Serraj, cedendo alle pressioni di emiratini ed egiziani che chiedono con sempre più insistenza agli americani di sedersi intorno a un tavolo per negoziare e sbloccare lo stallo. Dubito però che Trump chieda all’Italia un cambio di direzione

Qual è la linea prevalente a Washington DC?

Al suo interno convivono diverse anime. Una neo-con, ben rappresentata nel National Security Council, per cui Haftar è da considerare un male minore per la Nato, perché ha ripulito il Paese dalle milizie islamiste. Un’altra corrente, prevalente in alcune sezioni del Pentagono, nel Dipartimento di Stato e in gran parte del Congresso, spinge perché il presidente difenda il governo riconosciuto dall’Onu e condanni i bombardamenti sui civili. Trump si trova in mezzo a queste pressioni, e non ha ancora deciso da che parte stare.

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