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Del nazionalismo e delle sue virtù. Il pensiero del filosofo Yoram Hazony

Immaginate di scardinare il pregiudizio scaturito dalla cattiva narrazione che vede nel nazionalismo, nella sua accezione più autentica, l’origine di tutti i conflitti che hanno caratterizzato la storia recente dell’Occidente e non solo.

Yoram Hazony, pensatore e biblista israeliano, vincitore tra le altre cose del premio “The conservative book of the year” per il 2019, all’interno del suo libro “Le virtù del nazionalismo” (Guerini e Associati), presentato durante un’iniziativa patrocinata dal Comune di Ferrara e dalla Fondazione Tatarella alla quale hanno partecipato il sindaco Alan Fabbri, il presidente della Fondazione, Francesco Giubilei e il docente universitario Marco Gervasoni (moderava il capo della redazione estense del Carlino, Cristiano Bendin), parte sostanzialmente da una prospettiva biblica. E soprattutto dal punto di vista di un pensatore israeliano.

“Il Dio d’Israele – spiega l’autore accompagnato nella traduzione simultanea dal coordinatore del tribunale rabbinico del centro nord Italia, Vittorio Robiati Bendaud (qui l’intervista pubblicata da Formiche.net) – ha dato a Mosè dei confini ben precisi da rispettare. Gli ha consegnato una terra, delineata e, il monito, era quello di rispettare il limes stabilendo in questo modo le diversità”. Diversità tra i popoli, tra le terre. Il concetto di confine, dunque, rovesciato rispetto alla narrazione attualmente molto in voga che vorrebbe veicolare il messaggio opposto. In genere l’equivalenza proposta dal mainstream impone una lettura estremamente negativa del concetto (oltre che dell’aspetto meramente geografico) del confine. Di qui poi. La contrapposizione tra ponti e muri fra nazioni. In realtà “il primo concetto di Nazione – riprende Hazony – è proprio contenuto all’interno della Bibbia. La nazione, intesa come garanzia di specificità rispetto al modello omologatore”. Quest’ultimo “proposto dagli imperi”. Imperi che “tendono ad annullare l’identità e le radici di un popolo. Mentre la sfida, che poi ha caratterizzato anche il Risorgimento in Italia e non solo è quella della difesa del senso identitario di un popolo, di una nazione, di una tradizione”.

C’è però un altro movimento, che “ha contribuito all’azzeramento dell’identità”, dice Hazony: “L’Illuminismo, da Kant a Voltaire, passando per Montesquieu”. Quest’ultimo, universalmente riconosciuto, a torto, come colui che teorizzò per primo la divisione dei poteri. Invece “il primo esempio di divisione dei poteri è contenuto nel Deuteronomio in cui il re è comunque sottoposto alle leggi ed è una figura diversa dal sacerdote”. Una rilettura del secolo dei Lumi, figlio della Rivoluzione Francese. Un’analisi che mira a confutare punto su punto, partendo anche dal libro di Edmund Burke “Riflessioni sulla Rivoluzione francese” (1790), l’effettiva ricaduta del giacobinismo sulle dinamiche socio-politiche dell’età moderna. Un testo, quello di Burke, che in un certo senso sancisce il fondamento del pensiero conservatore europeo.

Conservatorismo, nazionalismo, patriottismo. Concetti differenti e specifici, accomunati però da una critica feroce: l’odio. “L’accusa che si muove spesso ai nazionalisti – riprende il pensatore israeliano – è quella di essere degli ‘odiatori’. Mentre invece gli odiatori sono gli imperialisti che, ad ogni costo, vogliono eliminare le specificità che costituiscono il patrimonio di differenze che intercorrono tra nazioni e popoli sovrani”. Dunque, tracciando un bilancio dei due modelli contrapposti, emerge, nella visione di Hazony, che “nel modello imperialista ci sia la volontà di una omologazione che garantisca la pace e una crescita a beneficio della collettività” mentre quello nazionalista “propone la salvaguardia del mercato, inteso come libera competizione tra diverse realtà”. E su Israele? “Lo Stato ebraico continua a ricevere degli schiaffi, a partire dall’Unesco, volti ad estirpare dai luoghi più importanti per la religione, la forte pregnanza ebraica attribuendola, a partire dalla nomenclatura, al mondo musulmano. Israele continua a lottare per salvaguardare se stesso e la sua identità, contro tutti”. Che la lotta continui, sempre.

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