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Tagliapoltrone o taglia-governo? L’incognita referendum secondo Mirabelli

Sembrava un miraggio e invece è ufficiale: al Senato ci sono i numeri necessari (64) per indire un referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Il quorum è stato raggiunto con largo anticipo sulla scadenza. Il 12 gennaio infatti è l’ultima data per presentare un referendum sulla cosiddetta riforma “tagliapoltrone”, che ora rischia di essere rimandata alle calende greche. La domanda che tutti si pongono è: il referendum rafforza o fa traballare la legislatura? “Non c’è una risposta certa, in definitiva saranno le forze politiche a scegliere” risponde a Formiche.net Cesare Mirabelli, costituzionalista, già vicepresidente del Csm e presidente della Corte Costituzionale.

Professore, questo referendum s’ha da fare. Ora che succede?

A mio parere può avere due effetti diversi. Se le Camere fossero sciolte prima del referendum si tornerebbe a eleggere un Parlamento nel pieno della sua composizione numerica, anche perché la legge di revisione costituzionale non sarebbe ancora in vigore. In questo caso la riforma verrebbe con ogni probabilità rinviata alla legislatura successiva.

Altrimenti?

Non è da escludere l’effetto opposto. Se si celebra il referendum e vince il sì, il Parlamento può benissimo restare in carica così com’è. Le assemblee sono pienamente legittimate a esercitare le loro funzioni anche se viene approvata una modifica della loro composizione numerica.

Va bene, ma una vittoria del sì non delegittimerebbe un eventuale Parlamento appena eletto nel pieno dei suoi componenti?

Non c’è un’opzione obbligata. Non dimentichiamo che per cinque anni è rimasto in carica un Parlamento eletto con una legge giudicata incostituzionale dalla Consulta. Gli effetti di questo referendum saranno per gran parte determinati dalla condotta delle forze politiche.

Partiamo dallo scenario più improbabile: vince il no.

Semplice: non succede nulla. La Costituzione rimane invariata e la riforma congelata.

E se vince il sì?

In quel caso parte l’iter procedimentale per l’entrata in vigore della legge. Qualcuno potrebbe porsi il dubbio sull’opportunità che il Parlamento prosegua con questa composizione ma, come ho detto, non ci sono automatismi né obblighi costituzionali.

Ridisegnare tutti i collegi richiederà del tempo. O no?

Certo, dopo l’entrata in vigore c’è sempre un’attività consequenziale con i relativi aggiustamenti. La composizione dei collegi è la partita più difficile, soprattutto al Senato, dove si dovrebbe di nuovo indicare il numero di seggi per regione.

Mirabelli, sullo sfondo scorre il dibattito sulla legge elettorale. Il maggioritario all’inglese chiesto dalla Lega passerà il vaglio della Corte Costituzionale?

Non conosco i dettagli del quesito depositato in Cassazione, e con la Consulta è sempre difficile fare previsioni. Ma la chiave di lettura è sempre la stessa.

Cioè?

Non deve essere un referendum manipolativo di una legge elettorale in vigore, e l’esito comunque non preclude questa legge elettorale dal rimanere in vigore.

Avrà notato che tutti ormai si sono convertiti al proporzionale. Addio stabilità?

Attribuire ai meccanismi elettorali le grandi cause di instabilità politica è esagerato. Alcune leggi, come il maggioritario a doppio turno, sicuramente aiutano a comporre maggioranze rispecchiando meno la proporzione dei voti espressi. Ma l’esperienza insegna che spesso le riforme elettorali hanno dato risultati diversi dal previsto.

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