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Dall’era del progresso a quella del post carbonio secondo Jeremy Rifkin

Diversi anni fa è stato pubblicato un libro che incoraggia su quel che sarà. Lo ha scritto Jeremy Rifkin nel 2011 e si intitola La terza rivoluzione industriale. Volendo immaginare quel che sarà, per esempio, il mondo dell’industria, basta sfogliare il testo succitato. Nel 2050 la terza rivoluzione industriale raggiungerà il picco. Sarà l’ultima occasione per creare milioni di posti salariati, mediante l’espansione della forza di lavoro di massa. Anche con l’adozione di tecnologie intelligenti, robotica ed automazione,centinaia di milioni di persone al mondo lavoreranno lo stesso.

Operai specializzati insieme a gruppi di progettazione e pianificazione altamente professionalizzati, saranno impegnati a trasformare il sistema energetico globale, ad aggiornare la rete elettrica mondiale, a rivoluzionare il sistema dei trasporti con l’adozione di veicoli elettrici, a introdurre l’idrogeno e altre tecnologie di immagazzinamento in tutta l’infrastruttura esistente nel pianeta. Insomma, per quel tempo, la convenzionale forza di lavoro industriale sarà destinata alla costruzione di un’infrastruttura intelligente per un sistema economico nuovo che eliminerá molti posti di lavoro di cui aveva avuto bisogno,ma ne creerà di nuovi.

IL GREEN NEW DEAL GLOBALE

Ora lo stesso autore americano ci ripropone un nuovo pezzo di futuro che si chiama etá della resilienza. Con Un Green new deal globale Jeremy Rifkin indica il passaggio ad un’era post carbonio e suggerisce che potrebbe essere l’opportunità economica più promettente della nostra vita. “Settori chiave dell’economia -scrive Rifkin- si stanno prontamente sganciando dai combustibili fossili a favore dell’energia solare ed eolica, più a buon mercato e accompagnate da nuove opportunità di business ed occupazione. Nuovi studi stanno suonando l’allarme: migliaia di miliardi di dollari in combustibili fossili per i quali non esiste piu’ un mercato potrebbero creare suscettibile di scoppiare entro il 2028, provocando il crollo della civiltà dei combustibili fossili”. Insomma, il filo logico della narrazione ci segnala che l’eta’ del progresso sta per presentarci il conto,attraverso la virulenza del cambiamento climatico, e che dovremo vivere in un modo diverso,iniziando ad adattarci alla nuova epoca. Come fare? Rifkin non ha dubbi: avvicinandoci velocemente sd una coscienza biosferica. Se questo è il Green New Deal a cui occorre affidarsi per sopravvivere all’emergenza globale, tanti Paesi faticano a starci dietro.

IL COMITATO SPECIALE DEL CONGRESSO USA

È vero in America, come da noi, solo per fare un paio di esempi. Alexandria Ocasio-Cortez, eletta al Congresso Usa ha chiesto alla Camera l’istituzione di un comitato speciale con la missione di istituire un Green New Deal per l’America. Alla fine ha visto la luce solo un comitato speciale sulla crisi climatica con scarsi poteri. Ma resta tuttora da realizzare la proposta del piano economico per far fronte al cambiamento climatico, decarbonizzare l’infrastruttura economica,creare nuove opportunitá per le imprese, impiegare milioni di lavoratori nell’economia verde. Se l’America e’ indietro su questa strada, l’Italia fatica proprio ad incamminarsi.

LA RICONVERSIONE A GAS DEI SITI A CARBONE

Qui da noi la transizione energetica rimane una questione irrisolta, perche’ manca una politica industriale e non si riesce a stipulare di conseguenza un patto tra istutuzioni,imprese e lavoratori. Di una cosa esiste certezza: per garantire il fabbisogno energetico sará necessario programmare la riconversione a gas delle centrali a carbone esistenti. Anche in questo caso la gran parte delle riconversioni sono tutte da fare. Ma solo così la nostra transizione energetica potrá essere economicamente sostenibile. Questa determinazione, a breve e possibilmente condivisa, può costituire la miglior scelta praticabile di resilienza.

Con buona pace di Jeremy Rifkin.

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