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In arrivo la sfida dei regolatori sulle attività finanziarie delle Big Tech

Da quando le Big Tech hanno iniziato a svolgere attività finanziarie, sono state scrutate con sempre maggiore attenzione dalle autorità di regolamentazione e di vigilanza di tutto il mondo. In una relazione pubblicata lunedì 9 dicembre, il Financial stability board (Fsb) ha evidenziato i rischi che l’ingresso nelle attività finanziarie di questi nuovi attori pone alla stabilità dell’intero sistema finanziario.

Infatti, dopo essere approdati sul mercato dei pagamenti i giganti tecnologici d’oltreoceano e il loro competitor cinesi, hanno iniziato a progettare il proprio coinvolgimento diretto in attività finora rimaste riservate nell’ambito bancario. Se da un lato preoccupa la loro forza e dimensione, dall’altro le stesse caratteristiche spingono l’Fsb a sostenere che i nuovi attori portano con sé un enorme “potenziale di innovazione, diversificazione ed efficienza nella fornitura di servizi finanziari”. Senza sottovalutare la capacità di costruire prodotti che mettono con forza al centro la “customer experience”. Inoltre, sempre secondo il rapporto, è enorme la capacità delle Big Tech di agevolare l’inclusione finanziaria di persone che sono rimaste sempre ai margini dei servizi finanziari più tradizionali. Una ipotesi confermata dalle recenti stime della Banca Mondiale secondo la quale in Cina, proprio grazie ad Alibaba, Tencent e Baidu, la popolazione “bancaria” è passata dal 63% del 2011 all’80% del 2017.

Con il suo rapporto però l’Fsb ricorda come non sia compito delle autorità di vigilanza proteggere le banche tradizionali dalla concorrenza, ma al contempo le stesse autorità devono vigilare sugli impatti di tale concorrenza sulla sostenibilità dei modelli esistenti e sulla natura della risposta da fornire. Infatti questa concorrenza se da un lato può avere appeal per la riduzione dei costi, dall’altra può avere un impatto negativo sulla redditività delle banche, nonché sulla solidità della loro base patrimoniale con conseguenze importanti sulla tenuta del sistema finanziario. Ma soprattutto le Big Tech possono rappresentare un nuovo canale di propagazione di crisi finanziarie, finora sconosciuto.

“Questi rischi possono essere particolarmente significativi se i servizi finanziari non sono facilmente sostituibili e se la gestione del rischio e i controlli delle Big Tech sono meno efficaci di quelli richiesti alle istituzioni finanziarie regolamentate”. Da qui la necessità che la vigilanza faccia la sua parte regolando attività che seppure non sono svolte da soggetti bancari si sostanziano poi nei fatti come servizi bancari. Tra l’altro, secondo l’Fsb, proprio il fatto che le Big Tech siano poche aumenta la problematicità nella gestione del rischio.

Dopo il report nelle prossime settimane la questione atterrerà sulle scrivanie dei principali governi e il tema di una nuova regolazione sulle attività finanziarie delle Big Tech irromperà nel dibattito pubblico.

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