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Ricostruiamo una politica per il Sud. La strategia di Bianchi (Svimez)

Ben venga una banca per gli investimenti con cui risollevare il Sud. Ma guai a illudersi che questo possa risolvere i problemi del Mezzogiorno. Nei giorni in cui tiene banco il dibattito sul lancio di un nuovo veicolo che funga da motore per lo sviluppo del Meridione, collateralmente al salvataggio della Popolare di Bari, arriva un parere importante sulla questione. Quello di Luca Bianchi, direttore dello Svimez, l’associazione che dal 1946 funge da barometro per l’economia e lo sviluppo del Sud Italia.

Bianchi, si parla ancora di una Banca per il Sud. Ce ne è davvero bisogno?

Sicuramente è uno degli strumenti che si possono mettere in atto per dare nuovo impulso all’economia del Mezzogiorno. Ma chiaramente non può essere la soluzione a tutti i mali, né tanto meno può essere un progetto isolato. La Banca per il Sud può dare un contributo a patto che venga inserita in una strategia più ampia.

E quale dovrebbe essere questa strategia?

Faccio l’esempio della Popolare di Bari, che non è una crisi non strettamente meridionale, perché è un qualcosa che abbia già visto in altre aree. Ma quando queste crisi si collocano in aree già problematiche e già in difficoltà, la soluzione non può essere solo il salvataggio della banca. Per questo il richiamo del governo alla banca per il Sud è positivo. Il Sud d’altronde soffre di due problematiche. Primo, soffre troppo di dipendenza dal sistema bancario e questo vuol dire che c’è un basso accesso al mercato dei capitali, il che impone una spinta agli investimenti e alla raccolta di capitale. L’altro problema è l’alto costo del credito. Lavorare quindi solo sul credito non basta, bisogna lavorare sugli investimenti ed è questa la strategia più ampia da seguire.

Molti osservatori hanno fatto notare come al Sud ci siano troppi istituti e troppo piccoli…

Mi trovo in questo senso d’accordo con quanto affermato in una vostra intervista a Rino Formica. Una banca per gli investimenti ha bisogno di un sistema di banche forte. Il salvataggio della Popolare di Bari dovrebbe in questo senso essere un’operazione molto più complessa, in grado di accorpare tante piccole banche. E questo potrebbe essere l’asse importante di un più ampio progetto che sarebbe la banca per gli investimenti.

Salvare la Popolare di Bari era necessario?

Sì, ma assolutamente insufficiente se non si approfitta di questa operazione per attuare una riorganizzazione più ampia del sistema bancario meridionale. Non si deve pensare di salvare una banca e basta, ma serve una visione più ampia del problema.

Bianchi però in 40 anni di Cassa per il Mezzogiorno però l’economia del Sud non è tanto migliorata…

Giudizio sommario. La Cassa ha conosciuto momenti di accelerazione e momenti di maggior lentezza. La verità è più complessa, dopo che è stato smontato l’intervento pubblico per il Mezzogiorno la bestia era ancora affamata. Ma oggi serve ancora un ruolo pubblico per il Sud, uno Stato innovatore che porti innovazione nelle infrastrutture e nella burocrazia. Lo Stato, al Sud, serve. Anche perché il Nord non può fare a meno della crescita del Sud. In questo senso l’intuizione della Cassa di aiutare il Sud per aiutare il Nord è ancora valida.

Questo governo guarda più a Sud o a Nord?

Direi che bisogna ancora capire quale sia la sua linea. Credo che manchi un mandato a una ricomposizione della frattura Nord-Sud e una consapevolezza che la natura dei problemi è simile in tutte e due le aree ma di intensità diversa. Bisogna avere il coraggio di ricostruire una politica per il Sud e io credo che qualcosa in questo senso si stia facendo. Ho intravisto in alcune uscite del premier Conte la volontà di risolvere i problemi del Sud e dunque dell’Italia.

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