La strategia di Giuseppe Conte sulle concessioni autostradali è già stata decisa, e sarebbe analoga a quella già seguita dal presidente del Consiglio per la Tav. Conte, infatti, a luglio 2019 registrava un video nel quale dava il via libera all’opera simbolo del no dei Grillini (il viceministro all’Economia Castelli era attivista No Tav), giustificando quella decisione con motivazioni economiche, perché affermava, “non realizzare il Tav costerebbe molto di più che completarlo. E dico questo pensando all’interesse nazionale, che è l’unica ed esclusiva stella polare che guida questo Governo”
Conte ancora una volta metterà i Cinque Stelle di fronte all’impossibilità tecnico-giuridica di revocare la concessione, proprio come nel caso della Tav, nonostante peraltro ci fosse allora a supporto dello stop l’analisi costi/benefici voluta dall’ex ministro Toninelli.
Come sottolineato su Formiche.net qualche settimana fa il dibattito sulla revoca della concessione avrebbe evidenziato ancora una volta le capacità di mediazione di Conte, attitudine che oggi, dopo le dimissioni di Di Maio da capo politico del M5S, le debàcle a ripetizione dei Grillini alle elezioni amministrative oltre alle crisi conclamate di Roma e Torino, pongono il presidente del Consiglio in una posizione di maggiore forza contrattuale nei confronti del primo partito della coalizione di governo, numericamente forte in Parlamento ma sempre più evanescente nei consessi politici amministrativi.
Del resto se si può trarre una lezione dai due esecutivi a guida Conte, una è evidente: quando il Movimento Cinque Stelle passa dall’emotività dell’antipolitica alla concretezza e alla razionalità delle scelte di governo, non riesce ad elaborare alcuna proposta di politica industriale ed economica, eccezion fatta per il Reddito di Cittadinanza, che va configurato però tra le azioni di redistribuzione e non certamente come misura di sviluppo e di rilancio del sistema economico.
Il Pd sapeva bene che il nodo infrastrutture, al pari del tema giustizia, sarebbe stato uno dei campi minati di questo governo e che avrebbe potuto (e può ancora) determinare deflagrazioni incontrollabili.
Per questa ragione Conte sostenuto dai ministri Paola De Micheli e Roberto Gualteri e dal sottosegretario alle Infrastrutture Salvatore Margiotta, contrari da sempre alla revoca della concessione, spiegherà in ossequio a quanto già affermato dai tecnici del Mit, dalla Corte dei Conti e dall’Avvocatura dello Stato, che procedere con la revoca metterebbe a rischio i conti pubblici perché si istruirebbe una causa dalle conclusioni non ipotizzabili. Peraltro, al di là delle semplificazioni giornalistiche, tra gli azionisti di Autostrade figurano il Fondo di Singapore, Black Rock, Allianz e il Fondo Cinese, che hanno già scritto alla Ue chiedendo l’intervento della Commissione a sanzionare l’eventuale revoca unilaterale dell’Italia.
Insomma il percorso è tracciato e come abbiamo sempre sostenuto come Osservatorio Nazionale sulle Infrastrutture di Confassociazioni, la scelta di Conte di evitare la revoca della concessione servirà a ridefinire le clausole contrattuali, per chiarire anche quale dovrà essere il ruolo dello Stato che in questi venti anni di concessione si è dimostrato inadempiente e carente sotto il profilo dei controlli. Difficilmente, poi, Anas sarebbe in grado di realizzare la Gronda a Genova, infrastruttura fondamentale per lo sviluppo logistico del Nord Ovest, e che nel caso della revoca non vedrebbe mai la luce.
C’è poi un risvolto culturale prodotto dalla ridefinizione dei contratti di concessione da non sottovalutare. Il ridimensionamento sempre più consistente del Movimento Cinque Stelle, e il contestuale via libera a opere che nel Pantheon grillino erano considerate l’emblema dello spreco e della corruzione (Tav, Tap, Termovalorizzatori, Elettrodotti, Alta Velocità), possono contribuire a ristabilire un clima generale più sereno e razionale quando si parla di infrastrutture e opere pubbliche, che in Italia devono assolutamente ripartire ed essere completate pena la stagnazione di un settore cardine per l’economia del nostro Paese, oltre alla perdita di know-how.
In queste settimane si celebrano i primi dieci anni del Frecciarossa. L’Alta Velocità ha chiarito agli Italiani cosa significa il rapporto tra infrastruttura e servizio, oltre a modificare le abitudini di mobilità e di vita del nostro Paese. Siamo disposti a tornare indietro e a sostenere le pretese fantasiose di chi vuole condannarci alla decrescita?