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Economia nel mirino (non solo 5G). Zennaro spiega la nuova indagine del Copasir

Banche, aziende partecipate, infrastrutture. Il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) è pronto a una nuova indagine per valutare l’esposizione del sistema Paese alle ingerenze di attori esterni. Dopo quella sul 5G, che dopo un anno si è conclusa con l’invito al governo di escludere le aziende cinesi dalla banda ultralarga, il comitato di raccordo fra Parlamento e Servizi vuole esplorare un nuovo, più ampio fronte. Antonio Zennaro, deputato del Movimento Cinque Stelle e membro del Copasir, ci spiega perché il tema non è da prendere con leggerezza.

Zennaro, di che si tratta?

Terminata l’indagine sul 5G e sulle telco inizieremo le audizioni dedicate ai settori economici di interesse nazionale. Dobbiamo verificare l’esposizione del sistema Paese ad attacchi esterni e il suo grado di dipendenza da questi.

Da dove si parte?

Dal settore che in questi anni è finito nell’occhio del ciclone, quello bancario, finanziario e assicurativo. Sentiremo chi nei Servizi si occupa di analisi economica, poi le istituzioni come Consob, Banca d’Italia, Ivass, e banche sistemiche come Banca Intesa e Unicredit.

Banche e sicurezza nazionale. Qual è il filo da seguire?

Sono tra le principali cassaforte del debito pubblico italiano (circa 400 miliardi di euro, ndr). È chiaro che sorge un tema di sicurezza nazionale su chi e come detiene questo debito. Negli Stati Uniti la questione è già stata sollevata in merito ai titoli di Stato americani in mano alla Cina.

C’è il rischio che queste quote si trasformino in mezzi di pressione?

Sicuramente possono diventare leve politiche. È il caso di banche sistemiche che finiscano sotto una proprietà straniera a seguito di scalate non sempre alla luce del sole. Non dimentichiamo che le banche gestiscono i dati e la profilatura dei loro clienti, persone ma anche aziende.

A proposito, l’indagine si concentrerà anche su alcuni settori dell’industria italiana. La Difesa, ad esempio.

È un settore strategico, per ovvi motivi. Se sono un produttore che ha il brevetto di una particolare componentistica militare e vinco un appalto con la Difesa italiana, e poi vengo acquisito da un Paese non alleato o comunque non membro della Nato, si crea il rischio di una fuoriuscita di know-how. Se, ad esempio, un’azienda produce un pezzo dei carri armati italiani fondamentale per le missioni militari e viene acquisita da un’azienda partecipata cinese, può nascere un rapporto di dipendenza poco salubre.

Non solo Difesa, c’è anche l’energia. Su tutte le aziende spicca l’Eni, di cui ultimamente si è addirittura mormorato di una cessione.

Difesa ed energia sono due facce della stessa medaglia. L’esposizione del settore energetico dipende anche dall’esposizione della sua componentistica, dei fornitori, di chi sviluppa i brevetti. L’Italia, per dirne una, è produttore leader delle pompe idrauliche nel settore oil. Un settore di nicchia, certo, ma se finisce in mano a fondi sovrani di Paesi non alleati può offrire un importante mezzo di pressione.

Diversificare la fornitura è la via maestra per evitare rischi?

Esatto, a meno che il fornitore non sia domestico o europeo. Penso ad Airbus, ma anche a Leonardo, che è una partecipata. Lo scopo del Copasir è valutare il grado di esposizione del sistema industriale, bancario e finanziario. Un’operazione simile è stata fatta di recente dal Senato americano con il Pentagono.

L’ultima parola spetta a Palazzo Chigi. Gli strumenti per intervenire ci sono o ne servono di nuovi?

Ci sono, possiamo ampliare il perimetro di intervento come hanno fatto altri Paesi, penso a Francia e Germania. Prima serve una fotografia della situazione.

Nel mirino del Copasir ci sono anche le infrastrutture e i trasporti. Due pilastri di un grande piano di investimenti cinesi, la Belt and Road Initiative (Bri), cui l’Italia ha dato una formale adesione lo scorso marzo.

Come ho detto, inizieremo dalle agenzie dei Servizi che tracceranno un perimetro sulla base delle priorità. Se ci diranno che il settore logistico risulta esposto a infiltrazioni di Paesi esteri che sfruttano l’azione economica come mezzo di pressione politica lo segnaleremo al governo. Nessuno qui vuole lanciare un messaggio di chiusura del mercato italiano.

Zennaro, un’altra indagine, quella sul 5G, si è chiusa a dicembre con un chiaro monito al governo. Vi aspettavate una reazione più compatta dalla politica?

Non ne farei una questione politica né di bianco e nero. Il rapporto è il frutto di una lunga serie di audizioni con i Servizi, i militari, il settore telco. La conclusione è molto tecnica e a 360°, il governo ne farà l’uso che ritiene opportuno.

L’invito però è in bianco e nero. Chiedete al governo di “prendere seriamente in considerazione” l’esclusione delle aziende cinesi dalla gestione della rete 5G.

Ma la scelta finale rimane in mano all’esecutivo. È il governo che deve valutare il livello di criticità, gli strumenti ci sono. Ogni Stato ha le sue priorità, la Francia ha addirittura allargato il perimetro di sicurezza al settore dell’agricoltura. Da noi quello finanziario è piuttosto scoperto, ora scopriremo quanto.


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