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Australia, è ora di agire! In Italia si parta dal fisco. La ricetta di Fioramonti

Solo un pazzo o un esaltato potrebbe continuare a parlare di concidenze, di tragica fatalità, di scherzo del destino. Gli incendi in Australia, i più spaventosi che si siano mai visti nel Paese dei canguri, hanno un mandante: l’uomo. Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione e della Ricerca dimessosi una settimana fa in polemica con il governo giallorosso e passato dalle fila grilline a quelle del gruppo Misto, non ha voglia di attaccarsi al destino baro e cattivo dinnanzi ai grandi sconvolgimenti climatici del nostro tempo. E il perché lo spiega qui.

Fioramonti, ha visto che tragedia in Australia?

Sì, e per favore non parliamo di caso o concidenza astrale. Finiamola con questa favola, sono decenni che con questa scusa tiriamo avanti. Oggi queste concidenze sono un po’ troppe. Gli incendi in Australia sono devastanti come non mai ma soprattutto sono frequenti. E nessuno ha parlato del fatto che le cascate Vittoria nello Zimbawe sono praticamente asciutte. Un caso? Non credo. La scienza da anni ormai ci dice tutte queste cose, ma noi continuiamo a far finta di nulla. E il risultato lo vediamo.

Diciamo la verità, l’umanità è ormai in fuorigioco sul clima?

Qualche anno fa un noto climatologo mi disse questo: ‘Abbiamo innescato dei fenomeni che non riusciamo più a controllare ma dobbiamo agire come se dovessimo controllarli’. Ecco, dobbiamo attivarci, subito, ben consapevoli che gli effetti sul clima dovuti ai comportamenti umani si manifestano dal 1965. Se noi avessimo agito dagli anni 80, avremmo oggi un pianeta più sano e invece abbiamo deciso scientemente di ignorare tutto questo, diventando la società dell’ignoranza. Oggi le due parole chiave sono: mitigare gli effetti sul clima e adattarsi ad essi.

Facile a dirsi, più difficile a farsi. L’ultima conferenza Onu sul clima, a dicembre, è quasi fallita. E gli Usa si sono sostanzialmente ritirati dagli accordi sul clima di Parigi…

Ognuno può e deve fare la sua parte. Gli Stati Uniti fanno guerre e non per questo gli altri Paesi vanno in guerra. Gli Usa si sono dati false aspettative di vita e non per questo lo hanno fatto gli altri. Dobbiamo fare di tutto dentro casa nostra, per migliorare la qualità della vita, senza pensare sempre agli altri. Non dobbiamo pensare sempre agli effetti globali, ma anche a quelli locali. Se per esempio facessimo una seria politica anti inquinamento miglioreremmo la vita dei napoletani, torinesi, romani e milanesi. Chi spera che non si faccia nulla o si tira fuori dagli accordi non deve condizionare il resto del mondo. Credo sia arrivato il momento di dimostrare agli americani pieni di inquinamento che possiamo essere migliori di loro.

In Italia abbiamo imparato in questi mesi tre paroline: Green new deal. Un buon biglietto da visita o poco più di uno spot?

Al momento poco più di uno spot, un’etichetta. Certo, ne condivido i propositi ma la verità è che abbiamo bisogno di un sistema fiscale nuovo, su misura per le esigenze climatiche. Il fisco è tutto, è la prima leva per una vera politica di salvaguardia ambientale. Voglio dire, punire e disincentivare fiscalmente i comportamenti poco virtuosi.

Allora plastic e sugar tax erano scelte giuste…

Voglio andare un po’ oltre, serve un sistema fiscale complessivo, di ampio respiro. Pensiamo solo alla miriade di sussidi ambientalmente dannosi. Viviamo in un sistema fiscale dove se io compro quello che mi serve e non compro di più alla fine pago più tasse. Se lei va al supermercato e compra i fagioli sfusi, probabilmente le costeranno di più di quelli in scatola. Le pare giusto? Questo è un sistema sbagliato perché ci incentiva a consumare più di quello di cui abbiamo bisogno. Anche chi consuma meno plastica deve avere uno sgravio fiscale. La direzione è per fortuna quella, ma andiamo lenti.

Dunque Fioramonti, il punto di partenza per un Green new deal degno di questo nome è il fisco…

Ma certo! La fiscalità generale raccoglie 800 miliardi l’anno e se faccio un piccolo intervento lo sento eccome. Pensiamo solo a un’Iva green, chi consuma troppo o consuma cose nocive paga di più, 24, 25%. Un’Iva rimodulata così significa anche mettere più soldi nelle tasche degli italiani che consumano meglio e dunque incentivare comportamenti virtuosi, accelerando la stessa transizione energetica.

In Australia ci sono gli incendi. Qui infrastrutture che perdono pezzi ogni volta che piove tanto. Che cosa dobbiamo fare?

Serve una vera politica di piccole infrastrutture, potremmo dire rimettere il sistema a norma. E anche lottare contro un’Unione europea che predica il cambiamento pur non sempre praticandolo. Oggi più che mai abbiamo bisogno di comprendere un concetto: qualunque intervento o micro-intervento per mettere in sicurezza il territorio non può e non deve essere considerato un aggravio di deficit. Magari non ci sarà un grande ponte con il nome di qualcuno. Ma ci saranno tanti piccoli ponti con tanti piccoli nomi. E il Paese sarà più sicuro.

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