La sicurezza informatica è stata tra i temi al centro dei colloqui a Washington tra Mike Pompeo, segretario di Stato americano, e il suo omologo Dominic Raab, ministro degli Esteri britannico. I due hanno parlato di cyber-minacce non soltanto pensando alla questione iraniana ma con un occhio anche alla Cina.
Tutto in ottica Nato: sono infatti Teheran e Pechino le principali minacce all’Alleanza atlantica emerse durante il summit di dicembre a Londra e la riunione straordinaria convocata alcuni giorni fa in seguito all’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani.
Dopo l’incontro con il segretario Pompeo, il ministro Raab ha riconosciuto che l’Iran rappresenta una minaccia nel Medio Oriente e che gli Stati Uniti hanno “diritto all’autodifesa”, ma ha anche invitato alla de-escalation. Bene, quindi, per il capo della diplomazia britannica l’appello del presidente statunitense Donald Trump per una soluzione diplomatica. Ma “c’è bisogno che anche il governo iraniano si impegni per quest’obiettivo”, ha precisato.
Il capo della diplomazia britannica ha inoltre ribadito il sostegno al patto nucleare Jcpoa abbandonato prima da Washington e più recentemente da Teheran: molti commentatori d’Oltremanica e d’Oltreatlantico sono concordi nell’individuare in questa mossa di Londra un tentativo negoziale – forte anche della posizione “quasi” extra Ue – apprezzato anche dal dipartimento di Stato americano.
Se gli Stati Uniti contano sulla sponda britannica sul dossier iraniano, lo stesso non si può dire parlando di 5G. Anzi. Gennaio sarà un mese cruciale per le aziende cinesi coinvolte nelle infrastrutture in Occidente. Si attende il verdetto finale della Federal Communications Commission statunitense sulla proposta di escludere Huawei dalla realizzazione delle reti mobili di ultima generazione. Ed entro la fine di questo mese dovrebbe arrivare anche la decisione di Londra (che nel frattempo uscirà dall’Unione europea).
L’anno scorso si è chiuso con il Mail on Sunday che riportava di una “luce verde” data dagli ambienti della sicurezza britannica al premier Boris Johnson in merito al colosso Huawei, “nonostante i timori che riguardano lo spionaggio”. E per mettere pressione sul governo britannico, Pechino la scorsa settimana ha deciso di bloccare le previste quotazioni incrociate tra le borse di Shanghai e Londra.
L’agenzia Bloomberg ha provato a ricostruire le ragioni dietro quelle pressioni: le più accreditate sembrano essere quelle che Pechino definisce “interferenze straniere” nelle proteste di Hong Kong e la detenzione di un ex impiegato del consolato britannico dell’ex protettorato in Cina. Ma il tempismo può essere un indizio: il premier Johnson sta cercando di rafforzare i legami commerciali con la Cina in vista dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea prevista entro fine mese, ma Pechino non è disposta ad accettare l’esclusione dei suoi colossi delle telecomunicazioni da parte di Londra.
Nell’incontro con l’omologo Raab, il segretario Pompeo ha ricordato l’intenzione di Washington di limitare la condivisione di informazioni di intelligence con i partner che ci sono affidati a Huawei (il senatore repubblicano Tom Cotton ha da poche ore presentato una nuova proposta di legge che va in questa direzione), sottolineando come il Regno Unito, parte dell’alleanza Five Eyes, rappresenti uno dei terreni di scontro con la Cina più caldi per gli Stati Uniti e l’Occidente in generale.
Infine, l’agenzia Reuters evidenzia un particolare: Washington sta aumentando la pressione su Londra tanto da aver deciso di inviare nella capitale britannica una delegazione di esperti di sicurezza, tra cui Matthew Pottinger, deputy national security advisor (membro cioè dell’ufficio esecutivo del presidente Donald Trump), per una serie di incontri con i funzionari oltreoceano. Il volo è stata cancellato all’ultimo minuto per le condizioni meteo avverse, scrive la Reuters. Si spera che l’incontro Pompeo-Raab sia sufficiente, altrimenti il team potrebbe prendere un aereo per Londra già tra qualche giorno.