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Italia pontiere fra Usa e Russia? Ecco perché l’idea non regge

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Dalla Russia con furore, si potrebbe dire. La passione italiana per Mosca è una costante ed è assolutamente trasversale alla politica come alla classe dirigente più in generale. Se Matteo Salvini aveva provato a costruirci il pilastro della sua identità, gli altri partiti non fanno certo a gara per prendere le distanze dalla calamita Putin. Non deve quindi sorprendere o scandalizzare che Luigi Di Maio, nella nuova veste di ministro degli esteri, guardi alla Russia con particolare attenzione e riguardo.

Non si può non ricordare l’appuntamento di dicembre scorso quando in occasione del Med dedicò grandi cure al bilaterale con il suo omologo Sergei Lavrov. Lunghe conversazioni in cui si sarà parlato di Cirenaica e in cui il braccio destro (e presentabile) di Putin non avrà mancato di esercitare il suo fascino. Non potendo poi smentire la storica amicizia con gli Stati Uniti (troppo importante, anche economicamente, da mettere in discussione), come far conciliare il doppio binario? Semplice. Ci auto-candidiamo a mediatori fra Casa Bianca e Cremlino. È il cosiddetto “spirito di Pratica di Mare”, l’incontro che nel 2002 fotografò l’allora premier Silvio Berlusconi unire le mani di George Bush e Vladimir Putin nella cittadina sul litorale romano. Da allora ritorna, come un rigurgito, questa velleità di poter fare da pontieri.

Il timing di queste settimane sembra perfetto. Libia? Iraq? Ci pensa l’amico Vladimir. Il pensiero riecheggia trasversale come sempre ma oggi trova qualche riscontro anche istituzionale. In un’intervista al Fatto Quotidiano il ministro degli Esteri, commentando l’escalation in Libia, ha detto che per trovare una soluzione alla crisi “è fondamentale che si parlino Stati Uniti e Russia”. Frase innocente, forse banale se si volesse essere maliziosi. Quella frase assume invece una caratterizzazione diversa se letta alla luce di un’altra intervista, quella rilasciata dall’ex titolare della Farnesina Franco Frattini che non solo è figura autorevole di per sé ma che in questo caso parla in quanto “consigliere” seppure non formale dello stesso Di Maio. L’attuale presidente della Sioi spiega con franchezza che l’Italia non dovrebbe vergognarsi dei suoi rapporti con Mosca e con Teheran e semmai dovrebbe metterli a vantaggio. E in particolare, spiega Frattini, dovrebbe scommettere sul Cremlino. Come? Facile: promuovendo a Bruxelles la rimozione delle sanzioni Ue alla Russia, in vigore dal 2014 per l’annessione della Crimea. Idea rispettabilissima e peraltro coerente con quanto sempre affermato da Frattini ma siamo sicuri che sia questa la mossa giusta per un Paese che oggi soffre una grave crisi di credibilità internazionale?

Anche in questo caso, nulla di nuovo sotto il sole. La tentazione di rimuovere le sanzioni Ue per aprire un canale diplomatico con Mosca non è certo inedita in Italia. Sia con Matteo Renzi che con Paolo Gentiloni e poi con Giuseppe Conte a palazzo Chigi è stata spesso avanzata la proposta, se non di una rimozione tout court, di un allentamento delle misure restrittive. Matteo Salvini lo aveva addirittura inserito, con qualche cautela, nel celebre (oggi dimenticato) contratto di governo e ne aveva fatto un cavallo di battaglia nella campagna elettorale del 2018. Il risultato si è visto. Un monumento al “vorrei ma non posso” che ci ha fatto sfigurare sia con gli alleati occidentali che con la stessa Russia. E oggi, con un processo di impeachment a Trump avendo come oggetto l’Ucraina e non ancora superato il Russiagate (ed il contro-Russiagate), siamo sicuri che il momento sia quello giusto?

L’idea che Mosca e Washington non si parlino è d’altra parte una emerita stupidaggine. I rapporti ci sono, a tutti i livelli, e sono intensi. Nessuna delle due potenze geopolitiche è peraltro disponibile a farsi mediare in una relazione così chiaramente strategica. A poche ore dalla fine dell’anno, è stato Putin a voler ringraziare personalmente Trump per il sostegno che la Cia aveva offerto alle autorità russe per sventare un pericoloso attentato terroristico. Isis, Libia, Ucraina, Iran, sono tutti argomenti diversi dove gli attori si muovono con logiche e tempistiche diverse. Per quanto riguarda l’Italia, il governo (ma anche l’opposizione) dovrebbe anzitutto definire la sua di strategia. Senza giocare a nascondino mettendosi all’ombra di potenze più grandi, che si chiamino Usa o Russia. E comunque, a dirla tutta, se proprio bisogna scegliere da che parte stare… Intelligenti pauca.

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