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Sulla Libia la Ue è equidistante ma fa l’occhiolino ad Haftar. Macron ringrazia

L’Ue in Libia sceglie di non scegliere. O meglio, sceglie velatamente il generale Khalifa Haftar, che da mesi assedia Tripoli e si è macchiato di gravi crimini di guerra, l’ultimo dei quali il massacro di trenta ufficiali dell’accademia militare della capitale libica. Dal comunicato congiunto che ha chiuso la riunione lampo dei ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito a Bruxelles assieme all’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue Josep Borrell emerge una sostanziale equidistanza fra il governo internazionalmente riconosciuto di Fayez al Serraj e l’Esercito di liberazione nazionale (Lna) sotto il Feldmaresciallo della Cirenaica.

Nel documento conclusivo del briefing, che doveva tenersi nella giornata di oggi a Tripoli ma è stato rimandato all’ultimo dallo stesso governo di Serraj, segnale eloquente della tensione (anche verso i Paesi Ue) che si respira nella capitale libica, si ribadisce la volontà dei quattro Paesi e dell’Ue di promuovere un immediato cessate il fuoco fra le forze del Gna e l’esercito di Haftar. Stop alle azioni unilaterali, no all’aiuto militare dalla Turchia e alle interferenze esterne, sì all’embargo di armi Onu i punti focali evidenziati dai ministri degli Esteri.

“Di fronte alla preoccupante recente escalation militare in Libia e anche in vista del Consiglio affari esteri in programma per venerdì 10 gennaio, ci siamo incontrati oggi a Bruxelles per riaffermare il nostro impegno a fermare immediatamente i combattimenti intorno a Tripoli e altrove e per discutere di come l’Unione europea possa ulteriormente contribuire alla mediazione delle Nazioni Unite e ad un rapido ritorno ai negoziati politici” si legge nel comunicato. Se una soluzione c’è non può essere militare, prosegue il documento firmato da Luigi Di Maio, Heiko Maas, Dominic Raab e Jean-Yves Le Drian. Le ostilità a Tripoli non fanno altro che favorire “l’instabilità in tutta la regione” e aggravare la “minaccia terrorismo”. “Come Italia – ha aggiunto a margine Di Maio, che questo mercoledì avrà modo di affrontare anche questo dossier incontrando al Cairo gli omologhi di Egitto, Francia, Grecia e Cipro – tuteliamo i nostri interessi quando chiediamo all’Ue di essere protagonista”.

Il messaggio politicamente più pregnante arriva direttamente da Borrell a margine dell’incontro. “Dobbiamo parlare con tutte le parti coinvolte, dobbiamo parlare con Serraj, capo del governo di accordo nazionale, e dobbiamo parlare con Khalifa Haftar”. È la conferma che l’Ue non vuole prendere posizione contro i bombardamenti e l’avanzata militare del Feldmaresciallo sul governo riconosciuto dalla comunità internazionale.

L’occhiolino al generale della Cirenaica è un occhiolino anche a chi lo sostiene. In Europa su tutti spicca Emmanuel Macron. Il presidente francese non ha mai cessato in questi mesi di dare il supporto dell’Eliseo ad Haftar (politico, ma anche strategico tramite l’invio di militari di élite e unità dei servizi esteri del Dgsi) in asse con l’Egitto di Abel Fattah Al Sisi e con gli Emirati Arabi Uniti che sostengono (anche militarmente) le truppe del generale.

Un altro assist all’ex generale di Muhammar Gheddafi arriva con la condanna tout court della spedizione militare turca a Tripoli in difesa delle forze di Serraj e delle milizie a Misurata, sempre più in difficoltà di fronte all’avanzata di Haftar. “La decisione della Turchia di intervenire è qualcosa che respingiamo e che accresce le nostre preoccupazioni sulla situazione” si legge nel comunicato della riunione Ue.

Il governo turco ha inviato a Tripoli 10mila soldati in aiuto del Gna per respingere l’assedio di Haftar. Il generale ha dunque premuto per accelerare l’avanzata sulla capitale muovendo i suoi uomini via terra e via mare. Secondo quanto dichiarato a Bengasi dal portavoce dell’Esercito di liberazione nazionale (Lna) Ahmed al Mismari le forze di Haftar avrebbero preso questo martedì in meno di tre ore “il pieno controllo della città” e sarebbero pronte a marciare su Misurata.

Di fronte a questa escalation l’Ue non si spinge oltre una condanna delle interferenze di Paesi esteri che stanno “alimentando la crisi”: “quanto più le parti in conflitto in Libia fanno affidamento sull’assistenza militare straniera, tanto più esse danno agli attori esterni un’indebita influenza sulle decisioni sovrane libiche, a scapito degli interessi nazionali del Paese e della stabilità regionale”.

Sulle mosse turche si diraderanno le nubi di incertezza domani a Istanbul, quando il presidente russo Vladimir Putin, dopo aver incontrato a Damasco Bashar al Assad, avrà un faccia a faccia con Erdogan che con le tensioni in Medio Oriente porrà al centro il dossier libico.

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