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Cosa fare con le sanzioni alla Russia. Lo spiega Silvestri (IAI)

Il ricorso alla imposizione di sanzioni economiche, politiche e diplomatiche è sempre più frequente. Durante la Guerra Fredda, le Nazioni Unite avevano imposto sanzioni solo due volte, al Sud Africa e alla Rhodesia. Dal 1991 in poi l’Onu ha utilizzato questo strumento più di 20 volte. Gli Stati Uniti, da soli, hanno attualmente in corso dopera 26 programmi di sanzioni, 12 dei quali hanno avuto inizio durante gli ultimi dieci anni.

La conclusione è semplice: le violazioni del diritto internazionale si fanno sempre più frequenti. Il sistema internazionale sta perdendo la sua coerenza e capacità di autogoverno. Non dimentichiamo che il ricorso alle sanzioni significa comunque che stiamo utilizzando la forza per cercare di raggiungere un obiettivo. Il fatto che in tal modo si sia sinora evitato il ricorso alla forza militare è certamente una cosa positiva. Tuttavia sembra sempre più evidente che le sole sanzioni politiche ed economiche non stanno dando i frutti sperati.

Il che non significa che le sanzioni non abbiano effetti, anche molto significativi, sul Paese sanzionato, ma solo che, almeno sinora, non sembrano aver rimosso le ragioni per le quali erano state imposte. Un recente studio prodotto da un gruppo di centri di ricerca (tra cui lInternational Center for Policy Studies, lUkrainian Institute of the Future, la Sanctions 2020 Initiative e il World Policy Institute) ha esaminato in dettaglio le sanzioni imposte alla Russia da parte degli USA , dellUnione Europea e altri paesi, per valutare lefficacia di tali azioni e se sia possibile migliorare la situazione.

Ci sono molti problemi, tutti di non facile soluzione, ma forse il più rilevante consiste in una chiara mancanza di coordinamento tra coloro che impongono le sanzioni. Le diversità tra i vari regimi sanzionatori e soprattutto la vaghezza e la diversità delle motivazioni poste alla base di tali regimi, costituiscono un grave elemento di debolezza. Manca in altri termini una gestione centralizzata che possa sospendere, alleggerire o rafforzare e appesantire le sanzioni sulla base dei comportamenti dello stato sanzionato. Non c’è un chiaro meccanismo che consenta di premiare o punire, e quindi anche di rendere più appetibile un comportamento favorevole.

A volte le aspettative sono eccessive. Ad esempio è difficile che un semplice regime sanzionatorio, specialmente se non è universalmente applicato (ed è quindi almeno in parte aggirabile) possa portare al collasso di un regime e al suo cambiamento. Al contrario, lesperienza sembra suggerire che limposizione di sanzioni può essere utilizzata dal regime in carica per rafforzare il consenso e lappoggio della popolazione, sia per semplice reazione nazionalista, sia perché il regime attribuisce alle sanzioni, ovviamente considerate inique, la colpa delle privazioni economiche.

Il moltiplicarsi delle sanzioni può avere anche effetti contraddittori. Ad esempio, limposizione delle sanzioni alle esportazioni di petrolio del Venezuela ha provocato un significativo aumento del prezzo del greggio, in particolare di quello esportato dalla Russia, riducendo di molto leffetto delle misure economiche e commerciali prese nei confronti della Russia stessa.

Non mancano voci che suggeriscono lopportunità di sospendere tutto, o almeno una parte di tali sanzioni. In alcuni casi dietro tali opinioni ci sono chiari interessi economici, ma in altri casi ci sono valutazioni di realpolitik, come ad esempio la volontà di allontanare la Russia dalla Cina. Tuttavia minare alla base il meccanismo e la credibilità delle sanzioni potrebbe preludere a una situazione molto peggiore.

Una cosa è sospendere le sanzioni in cambio di un accordo e di comportamenti conseguenti da parte del paese sanzionato, tuttaltra cosa è farlo quando tale comportamento non è mutato e la ragione iniziale per cui vennero imposte le sanzioni permane. In questo secondo caso non faremmo che accelerare la crisi del sistema e moltiplicare le violazioni del diritto internazionale, senza avere più a nostra disposizione la possibilità di usare la forza senza fare ricorso alla dimensione militare. In altri termini, nuove guerre diverrebbero più probabili.

Sembra comunque giunto il momento, come suggerisce anche lo studio citato, di approfondire e affinare la nostra conoscenza dello strumento sanzionatorio, dei sui limiti e della sua efficacia, nonché dei suoi costi. Nella situazione in cui ci troviamo il ricorso alle sanzioni, invece che alla forza militare, è comunque una alternativa molto apprezzabile, ma perché questo possa continuare è necessario che il sistema divenga più coerente e insieme più flessibile. Non sono richieste facili da esaudire, specie in un periodo in cui la solidità dei legami transatlantici è posta a dura prova. Ma dovremmo sempre ricordare quanto terribile sarebbe lalternativa.

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