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Usa vs Ankara. Il memorandum Libia-Turchia è solo fuffa

Provocatorio e controproducente. Così il Dipartimento di Stato americano definisce il memorandum che i leader Erdogan e Al Serraj, hanno siglato per le delimitazioni marittime turco-libiche. Un accordo che aveva avuto come primo effetto quello di scombussolare il già precario quadro geopolitico nell’intera area mediterranea e che oggi è foriero di nuove preoccupazioni oltreoceano.

ACCORDO

La presa di posizione del Dipartimento Stato è chiara, come si evince da queste parole: “Le decisioni che non tengono conto degli interessi di tutti gli Stati coinvolti sono provocatorie”. Contrariamente a quanto propone la Turchia, ai sensi del diritto internazionale e quindi della Convenzione sul diritto del mare, le isole hanno generalmente diritto alla Zee e alla piattaforma continentale nella stessa misura di qualsiasi altra area terrestre. Una ulteriore precisazione del Dipartimento in merito alla controversia sulle isole greche, altro obiettivo dichiarato di Erdogan.

Rispondendo a una domanda dell’Agenzia di notizie Atene-Macedonia (Amna), un portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato che le azioni turche sono contrarie al diritto internazionale, aggiungendo che sebbene gli Stati Uniti generalmente non prendono posizione sulle controversie marittime in altri Stati, in questo caso esortano tutte le parti interessate a evitare qualsiasi azione che rischi di aumentare le tensioni nel Mediterraneo orientale. “Come politica ferma, incoraggiamo gli Stati a risolvere pacificamente le loro controversie in base al diritto internazionale”.

QUI TRIPOLI

Il ragionamento tocca anche le attuali tensioni internazionali in Libia, dove Washington ritiene che “i Paesi stranieri che hanno alimentato il conflitto dovrebbero ritirare le loro forze ora, compresi mercenari russi e combattenti siriani sponsorizzati dalla Turchia”. Il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis aveva sollevato la questione con il presidente Donald Trump durante il loro incontro alla Casa Bianca la scorsa settimana, precisando che l’accordo Turchia-Libia provoca solo destabilizzazione e aspettandosi un sostegno da parte degli Stati Uniti sulla questione. Una linea che, da mesi, segue l’ambasciatore degli Stati Uniti in Grecia, Geoffrey Pyatt, il primo a definire l’accordo tra Libia e Turchia “improduttivo e provocatorio”.

DA ANKARA A BERLINO

Ma come sbloccare questo risiko? Il viaggio del vice ministro degli Esteri Matthew Palmer in Turchia il mese prossimo era già programmato da tempo e, contrariamente a quanto riferito dai media, non faceva parte di un’iniziativa di mediazione ad hoc tra Turchia e Grecia. Ma è di tutta evidenza che esso cade in un momento particolarissimo delle relazioni tra Ankara e quei paesi Ue (Grecia, Cipro, Italia, Germania, Francia) e non Ue (Libia, Egitto, Tunisia, Israele) che si affacciano sul Mediterraneo.

Sul punto si registra la decisione di Berlino di escludere la Grecia dalla conferenza sulla Libia in programma domenica prossima: il governo tedesco ha annunciato che il generale Khalifa Haftar e il leader del governo sostenuto dalle Nazioni Unite, Fayez al-Sarraj, parteciperanno alla conferenza assieme a inviati provenienti da Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia, Italia, Unione Europea e Nazioni Unite. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha inoltre esteso un invito all’Unione africana, alla Lega araba, nonché alla Repubblica del Congo, all’Algeria, all’Egitto, agli Emirati Arabi Uniti e alla Turchia, ma ha escluso Atene.

twitter@FDepalo

 

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