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Ecco chi tifa per un governo di unità nazionale (dopo il coronavirus)

Unire le forze per sconfiggere il nemico, scrive oggi Sabino Cassese sul Corriere della Sera. All’orizzonte la contezza che i virus non rispettano le frontiere, anche le più controllate. Per cui “ergere barriere non serve: è necessario invece rafforzare la cooperazione internazionale”. Ma con quale perimetro, postura e orizzonte? Lecito chiedersi: c’è un fil rouge di metodo che può accompagnare anche l’agone politico in questo momento di emergenza nazionale?

IL MODELLO SALA-FONTANA

Punto di partenza di questa analisi a metà strada tra scienza e politica è il lavoro messo in campo fin qui da Beppe Sala e Attilio Fontana a Milano che, da sinistra e da destra, stanno dimostrando che per l’interesse nazionale si lavora assieme, pur partendo da schieramenti diversi. Può essere questo schema replicato su scala nazionale? Ci sono gli estremi per ragionare sull’ipotesi di un governo di unità nazionale, così come nelle scorse settimane vari esponenti avevano paventato?

Anche il caso del Coronavirus dimostra, una volta di più, che serve la competenza, nella scienza come nella politica. Il Foglio ha avanzato l’ipotesi di un governo Zinga-Renzi, come risposta a quel bisogno di squadra in un momento emergenziale: una opzione, sul tavolo, così come altre, in considerazione del fatto che non è ancora certo quale sarà l’effetto principe del collasso del grillismo, se portatore sano di più certezze o più variabili.

L’IPOTESI DRAGHI

“Renzi arriverà allo strappo, Conte è il suo principale competitor al centro. Ma all’Italia serve un governo di unità nazionale”. La tesi espressa da Andrea Cangini, già direttore del Quotidiano nazionale e Resto del Carlino, oggi senatore di Forza Italia e membro di spicco dell’associazione Voce Libera di Mara Carfagna, va in quella direzione, certo che un cambio di maggioranza sarà piuttosto difficile e orientato ad auspicare per l’Italia, “un Paese strutturalmente fragile e a crescita zero in un contesto di enorme difficoltà per l’economia globale”, un governo di larghe intese con tutti dentro, con Mario Draghi premier. Sull’ex numero uno della Bce si erano espressi, con modi e tempi diversi, anche Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e Matteo Salvini.

LE SQUADRE IN CAMPO

L’ultimo in ordine di tempo è stato il senatore di Rignano che, dalle colonne di Repubblica, pochi giorni fa ha detto che “se l’esecutivo non troverà una terapia efficace per la nostra economia può succedere di tutto, ci vuole un governo all’altezza, se poi a guidarlo sia lo stesso Conte, o una personalità del Pd a cominciare dallo stesso Zingaretti, o meglio ancora, data la situazione, Mario Draghi, a me va bene lo stesso”. E ha aggiunto: “Spero che prevalga il buonsenso. Abbiamo il coronavirus, la Brexit, la Turchia che pretende di dettar legge nel Mediterraneo, i dazi. E il — 0,3 per cento del Pil è un dato negativo che non si vedeva dal 2013. Tutte ottime ragioni per non litigare e mettersi a lavorare. Bisogna sbloccare i cantieri e abbassare le tasse, altro che storie”.

Prima di lui era stato il leader di Forza Italia a indicare quella via, nel dicembre scorso. L’occasione era la 26esima presentazione consecutiva da ospite d’onore del libro di Bruno Vespa, “Perché l’Italia diventò fascista”, in cui l’ex premier caldeggiò un possibile «governo tecnico» guidato da Mario Draghi. Una figura, quella di Draghi, apprezzata anche dal numero due della Lega, quel Giancarlo Giorgetti che può vantare un ampio spettro di relazioni, che vanno proprio dall’ex vertice della Bce al Quirinale.

Contraria a questo schema Fratelli d’Italia. Al voto si può andare, così come spiegato da Giorgia Meloni, certa che se si appronteranno subito i nuovi collegi e che il 30 marzo si potrà avere una legge elettorale pronta per andare alle urne. Un governo Draghi? “Non prendiamoci in giro. Sono ipotesi che non stanno in piedi, perché non necessarie. Sarebbe l’ennesimo pastrocchio”.

twitter@FDepalo


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