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Così il coronavirus (non) diventerà una pandemia geopolitica. Parla Massolo (Ispi)

L’emergenza coronavirus rischia di trasformarsi in un grande momento-verità per l’Italia, l’Europa, la Cina. “Se ognuno fa di testa sua, l’epidemia può trasformarsi in una pandemia, sanitaria e geopolitica” dice a Formiche.net Giampiero Massolo, già direttore del Dis (Dipartimento per l’informazione e per la sicurezza), oggi presidente dell’Ispi (Istituto degli studi per la politica internazionale).

Presidente, col senno di poi chiudere i voli è stato un errore?

Come spesso capita, nel bene e nel male, l’Italia si è spinta oltre nel prendere determinate misure. I risultati che hanno prodotto per il momento sembrano darci torto. È anche vero che non sappiamo se questi casi sono frutto di misure inefficaci o esagerate, o se invece i numeri si spiegano alla luce di un controllo più accurato in Italia rispetto a quanto accade in altri Paesi europei.

L’Ue ha voce in capitolo oppure ogni Stato deve fare da sé?

Questo genere di crisi rischia di minare la fiducia fra Stati e fra governati e governanti. Bisognerebbe cercare un’uniformità di approcci, soprattutto fra Paesi che condividono la stessa alleanza, l’appartenenza all’Europa, la posizione geografica, e dunque un rischio simile di fronte a questa pandemia. Così non è stato. Se ognuno fa di testa sua, in un momento in cui i governi europei già non godono di grande forza, si finisce per indebolire il sistema dell’Ue della cui fragilità tutti ci lamentiamo.

Intanto Marine Le Pen ha chiesto di sbarrare le frontiere con l’Italia, mentre il cancelliere austriaco Sebastian Kurz vuole disporre il blocco dei treni. Tutti sovranisti a casa propria?

Sono reazioni comprensibili dal punto di vista delle istanze politiche, ma inefficaci per le misure di prevenzione e di localizzazione del virus. Un conto è la cauterizzazione delle zone dei focolai che emergono man mano che i controlli si fanno più assidui, un altro conto è richiedere a gran voce la chiusura dell’intera frontiera.

Quindi è troppo tardi per sospendere Schengen?

Al di là del messaggio simbolico che questo o quel governo vuole lanciare di fronte alle rispettive opinioni pubbliche, ora qualsiasi controllo fisico alle frontiere è destinato a rivelarsi inefficace. Abbiamo contagiati che hanno fatto ritorno dalla Cina, ma anche dozzine di casi di persone che non hanno avuto alcun contatto con cittadini cinesi. Sul piano pratico una drastica stretta dei controlli dettata dall’ansia non fa che minare i rapporti intergovernativi e sortisce solo effetti di breve periodo.

Lei è stato a capo del Dis. L’intelligence può giocare un ruolo nel coordinare gli sforzi europei?

L’intelligence è uno strumento che, attraverso fonti coperte e aperte, aiuta i governi a vedere meglio nel buio. È realistico ritenere che in queste settimane ci sia stato un aumento dell’interscambio di informazioni affidabili fra agenzie europee per gestire meglio l’emergenza.

Uno sguardo alla bigger picture. L’Europa ha gli anticorpi per rispondere a un’eventuale diffusione del virus in Africa?

È presto per fare previsioni. Non dimentichiamo che esistono altre pandemie altrettanto gravi, come l’Aids e l’ebola, di fronte alle quali Africa ed Europa hanno sempre trovato modalità di collaborazione per limitarne gli effetti. Anche per questo è importante non fare fughe in avanti, mettere da parte le pulsioni individuali per far spazio agli strumenti multilaterali, penso all’Oms e alle tante organizzazioni dell’Onu che sono fonti preziose di dati e best practice.

Cosa aspettarsi dalla crescita economica globale?

Su questo fronte il bilancio rischia di essere drammatico. Dobbiamo attenderci una fase globale di spezzettamento delle catene produttive e di interruzione dei flussi di manodopera. È come se qualcuno avesse preso il mondo in mano e lo avesse stretto.

E dalla Cina? Il Dragone si ripiegherà su se stesso?

La Cina ha di fronte a sé una grande sfida. Deve provare al mondo che il gigante che si candida a divenire una superpotenza mondiale non ha i piedi d’argilla. La gestione della crisi in Cina, sia sotto il profilo dell’efficacia che sotto quello della pubblicità e trasparenza, sarà un banco di prova cruciale per il Paese e per la leadership di Xi Jinping.


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