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La politica ha bisogno dell’impresa. L’agenda di Mattioli (Confindustria)

C’è del malumore tra le imprese. Nel giorno in cui la Commissione Ue taglia ancora il Pil italiano per il 2020, portandolo allo 0,3% (il governo nel Documento di economia e finanza stima lo 0,6% ma con ogni probabilità nel nuovo Def di aprile abbasserà i target), dalla Confindustria si leva una voce che sa un po’ di rimprovero verso un esecutivo troppo latitante in materia di politica economica. Sì, certo, c’è il coronavirus che spinge il mondo verso una nuova recessione, la Germania barcollante e la Francia in affanno. Ma forse, dice Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione, qualcosa in più si può fare. E non è un caso che proprio due giorni fa gli imprenditori dell’Assolombarda, la più potente associazione territoriale di Confindustria, abbiano chiesto al ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, una terapia d’urto contro la stagnazione.

Mattioli, il Paese è fermo, o quasi. E le imprese sembrano essere irritate verso politiche che girano a vuoto senza cogliere l’essenza dei problemi. Lei che ne pensa?

Penso che serva una politica capace di decidere. Troppo spesso, invece, assistiamo a politiche economiche non funzionali al rilancio della nostra economia, che guardano solo all’inseguimento nel breve periodo del consenso elettorale ma che a lungo andare provocano più danni che benefici. Credo anche che noi come Confindustria potremo permetterci da adesso in poi di giocare un po’ più all’attacco, in modo pro-attivo, mettendo le proposte che servono sul tavolo delle istituzioni senza subire più decisioni che vengono prese senza il nostro contributo.

Insomma, è tempo di non essere più spettatori… Non c’è tempo.

È la politica ad aver bisogno dell’impresa, e noi come Confindustria dobbiamo dimostrare di essere un problem solver credibile e interessato al Paese.
Faccio un esempio, quello della transizione ecologica. Non servono politiche spot come la plastic tax e la sugar tax, che danneggiano interi settori e fanno perdere investimenti e posti di lavoro. Noi vogliamo che sia l’impresa a guidare la transizione assieme alle istituzioni, e non il contrario: siamo noi a sapere quali sono le modalità e le tempistiche adatte per arrivare agli obiettivi che ci siamo posti come comunità internazionale.

Il governo si appresta a discutere nuove misure per la crescita e per l’export, già a rischio coronavirus. Cosa fare per evitare provvedimenti insipidi?

In un momento di stallo economico, in cui i dati Istat indicano un Paese dove la produzione industriale rallenta e l’Italia è fanalino di coda in Europa, servono proposte chiare ed efficaci. Primo, riformare burocrazia e giustizia, dando regole certe a tutti. Questo Paese non può più essere bloccato da limitazioni assurde imposte da politica e Pubblica amministrazione. Secondo, portare i prodotti del Made in Italy e del Made With Italy in tutto il mondo. Durante i miei quattro anni da vicepresidente per l’internazionalizzazione di Confindustria abbiamo dimostrato che se facciamo squadra, anche con il governo, non ci ferma nessuno.

E poi?

Dobbiamo inoltre aiutare le persone a entrare nel mondo del lavoro e a restarci attraverso un percorso di formazione continua che faccia incontrare la domanda con l’offerta e non butti via le competenze dei lavoratori più maturi. Infine, dobbiamo sbloccare infrastrutture essenziali per il nostro Paese. Abbiamo dimostrato che nelle emergenze sappiamo trovare le soluzioni giuste. Dobbiamo adottare quei metodi e quelle soluzioni veloci ed efficaci anche nella normalità, non solo nella tragedia, stando attenti a rispettare tutte le regole di mercato.

Il coronavirus è certamente una minaccia per un Paese, come il nostro, che vive di export. Qualche contromisura efficace?

È ancora presto per fare un bilancio dei danni del Coronavirus sull’economia italiana, ma è importante essere consapevoli che queste ripercussioni andranno a innestarsi su uno scenario economico già in difficoltà. Guardando in particolare al settore del lusso, è indubbio che gli impatti saranno significativi. Pensi che i consumatori cinesi rappresentano circa il 33% delle vendite del comparto in Italia.

Un bel guaio…

Confindustria si è resa disponibile a fornire supporto e informazioni alle imprese che si trovano ad affrontare difficoltà logistiche e di gestione delle risorse. Confindustria ha inoltre costituito una sua Taskforce Coronavirus per rispondere alle richieste del sistema in maniera sempre più efficiente e puntuale. Questa taskforce costituirà il punto di riferimento per l’Unità di Crisi della Farnesina, il Maeci, il ministero della Salute e la presidenza del consiglio con cui saranno condivise le informazioni e le problematiche segnalate via via dalle imprese. Non ci sono numeri ancora chiari sulle catene del valore, ma l’impatto sarà importante sulle esportazioni di alcuni settori, anche per la possibile durata dell’emergenza.

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