Tutto sul confronto con Cina e Russia, sul potenziale di deterrenza e sulla modernizzazione dell’intero strumento militare. La Difesa americana si appresta a ridefinire l’assetto dei propri finanziamenti, con una richiesta complessiva per il 2021 in linea con il budget dell’anno scorso (740 miliardi di dollari rispetto ai 738 già approvati) ma al ribasso sui fondi assegnati al Pentagono. Per il dipartimento guidato da Mark Esper non si tratta di una riduzione del livello d’ambizione, bensì di una focalizzazione maggiore sulle funzioni strettamente military nel quadro delle priorità definite dalla National Defense Strategy.
IL PIANO DI TRUMP
È stata svelata oggi la richiesta dell’amministrazione targata Donald Trump per il bilancio federale del 2021. Il piano del presidente vale 4.800 miliardi di dollari e punta a ridurre il deficit nazionale attraverso copiosi tagli ai programmi di assistenza sociale e agli aiuti all’estero. Tra le poche voci in crescita ci sono la Difesa e la Nasa (ne abbiamo parlato qui), quest’ultima ormai concentrata sul riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024. Anche al Pentagono è stato comunque chiesto di fare la sua parte nella lotta al deficit. La richiesta del dipartimento è dunque di 705,4 miliardi, in lieve discesa rispetto ai quasi 712,6 miliardi autorizzati per il 2020. Rientrano nella cifra i 69 miliardi per le Overseas Contingency Operations (Oco), le operazioni oltreoceano in lieve incremento rispetto all’anno in corso.
UNA SPENDING REVIEW?
Come anticipato dal Wall Street Journal, il Pentagono è riuscito a individuare i programmi da tagliare per un totale di 5 miliardi di dollari. Lo ha fatto con il piano rinominato The Forth Estate, attraverso cui si sono valutate le parti del bilancio della Difesa non propriamente militari da poter tagliare. A finire tra la forbice dei tagli sono stati circa cinquanta strutture mediche, progetti di comunicazione e strutture logistiche da ottimizzare. I risparmi, si legge nella richiesta per il 2021, verranno reindirizzati verso “priorità strategiche”, ovvero verso la nuova deterrenza da esercitare sui competitor globali. A tale progettualità risponderebbe anche la spinta della presidenza a ridurre alcuni impegni all’estero, in particolare da Africa, America latina e Medio oriente. Le risorse risparmiate andrebbero tutte a favore della modernizzazione. È scritto chiaramente nella richiesta presentata dalla Casa Bianca: “il bilancio riflette l’impegno dell’amministrazione a garantire una buona gestione dei dollari dei contribuenti dando priorità alle risorse per i programmi di letalità e prontezza”.
I PROGRAMMI PRIORITARI
Tra le priorità c’è inevitabilmente la modernizzazione dell’arsenale nucleare, con il prosieguo del programma per le testate low-yeld che sono già a bordo del sottomarino Uss Tennessee e che rappresentano la nuova era della postura nucleare americana. Aumentano anche i fondi richiesti per i nuovi missili intercontinentali dell’Air Force, così come gli sforzi per la missilistica ipersonica, su cui da tempo si susseguono oltreoceano preoccupazioni per il ritardo rispetto ai cinesi. 111 milioni sono chiesti per “finanziare la crescita del personale” della Space Force, in incremento rispetto ai soli 40 milioni approvati per il 2020. In realtà, alla nuova forza armata andranno 15,4 miliardi, risorse già in bilancio dell’Air Force chiamata dunque a un trasferimento che non sarà indolore. A dare l’idea della spinta sulla modernizzazione ci sono i 106,5 miliardi chiesti per la parte di Ricerca e Sviluppo del budget del Pentagono, la cifra più alta di sempre in tale segmento. Oltre 15 miliardi sono invece previsti per la continuazione del programma F-35 e per la nuova (e discussa) versione dell’F-15EX.
LA “CIFRA” DI ESPER
Un capitolo a parte riguarda la componente navale che sarebbe maggiormente colpita dai tagli fino a 4 miliardi di dollari. Dalla richiesta della Casa Bianca si prevedono 19,3 miliardi per “garantire la superiorità marittima” con dieci unità navali per il 2021. Stando alle indiscrezioni di stampa sui dettagli che il Pentagono fornirà al Congress, la richiesta riguarderà 44 navi fino al 2025 invece delle 55 previste l’anno scorso. Esper ha spiegato a DefenseNews che la Marina Usa arriverà comunque a disporre di 355 unità navali entro il 2030 (obiettivo definito dallo stesso Trump), ma che dovrà modificare le proprie priorità, puntando a navi più piccole e assetti a pilotaggio remoto. È considerato uno dei tratti distintivi della guida di Mark Esper al Pentagono, arrivato lo scorso agosto e alla sua prima richiesta di budget. Il focus del segretario della Difesa è tutto per l’innovazione. Ne è esempio l’insistenza sul concetto di Jadc, il controllo congiunto (joint) su tutti i domini per l’Aeronautica militare, che connetta aria, spazio, cyber-spazio, assetti e altre Forze armata, sulla scia delle operazioni in domini multipli (Mdo) di cui si parla sempre di più a Washington Dc.
UN ITER COMPLESSO
I numeri e i programmi dovranno comunque superare il complesso iter di approvazione del budget, ulteriormente complicato quest’anno dalle elezioni presidenziali. L’anno fiscale 2021 inizia il prossimo ottobre, proprio quando gli americani saranno chiamati a votare. Data la maggioranza democratica alla Camera, gli esperti si attendono un bilancio federal provvisorio per i primi mesi dell’anno fiscale. Ciò riguarda anche la Difesa, già protagonista di dibattiti parlamentari piuttosto accesi per il budget relativo al 2020. Tra l’altro, la richiesta dell’amministrazione per il bilancio militare è tradizionalmente più elevata rispetto alle esigenze previste, così da tutelare il livello d’ambizione nel corso dei vari passaggi a Capitol Hill. Per il 2020, la richiesta dell’amministrazione era stata di 750 miliardi di dollari (718 per il Pentagono), con l’obiettivo di ottenerne almeno 733. Ne sono arrivati 738, di cui 712,4 per il dipartimento della Difesa. Per il 2019, ne erano stati autorizzati 716, di cui 686 al Pentagono.