Non è solo l’emergenza coronavirus a mettere in quarantena la politica italiana e gli strascichi polemici che hanno occupato la maggioranza nelle ultime settimane. La verità è che lo stallo è inevitabile, spiega a Formiche.net il politologo Mauro Calise, professore di Scienza Politica all’Università di Napoli Federico II. Matteo Renzi non vuole davvero tornare al voto, Nicola Zingaretti neanche, Giuseppe Conte men che meno.
Professore, come va a finire fra Renzi e Conte?
Parliamoci chiaro. Al di là della prescrizione, della riforma elettorale, della revoca della concessione ad Autostrade, bisogna tenere in conto un’altra partita sotterranea, quella delle nomine. Renzi ne era stato escluso, e si è giustamente ribellato. Ora Conte e il resto della maggioranza stanno ponderando se fare delle concessioni è una mossa saggia o crea un pericoloso precedente.
Quindi Renzi bluffava?
Renzi è nel pieno di una fase tattica. Finito ai margini del partito, ne è uscito con un capolavoro strategico, la creazione del governo rossogiallo e la messa all’angolo di Salvini. Poi si è ritrovato di nuovo in difficoltà, perché l’alleanza organica fra Pd e Movimento Cinque Stelle cui Conte ha dato vita lo vede necessariamente fuori dal progetto.
Come può uscirne?
Una via di fuga c’è: lo spazio politico non indifferente che si è aperto al centro. Renzi ha un partito che non decolla, e vorrebbe occuparlo, ma sulla sua strada incontra ancora una volta il premier-avvocato.
Quanto vale davvero questo bottino elettorale centrista?
È molto minore rispetto a quello fotografato dai sondaggi. Ma è quanto basta per far passare un partito dal 3% al 7%, che è l’obiettivo di breve periodo di Renzi. Con quelle percentuali potrebbe davvero giocare un ruolo di pendolo. Finché questo governo rimane in piedi, si accontenterà di un compromesso sulle nomine e sulla riforma elettorale.
Secondo lei Conte è disposto a mettersi alla guida di una nuova formazione di centro?
In caso di elezioni anticipate sicuramente sì. Di fronte al generale “si salvi chi può” di quell’area avrebbe il diritto e anche il dovere di metterci la faccia, anche perché non sembra aver alcuna intenzione di tornare a casa.
Ha qualche chance un “partito del premier”?
I partiti personali sono sempre un rischio, creature molto fragili. Quando Mario Monti si è presentato alle politiche del 2013 i sondaggi davano Scelta civica intorno al 20%, ha preso il 10% e a stretto giro i gruppi parlamentari si sono sciolti. Senza un partito strutturato come la Lega Salvini non avrebbe retto il contraccolpo di agosto.
Quindi è certo che non guardi più al mondo pentastellato.
Anche se gli offrissero il ruolo di leader supremo rifiuterebbe. Ormai il Movimento è ridotto a una piattaforma che non funziona, dominata dal tutti contro tutti. Le elezioni di questa domenica a Napoli saranno un tornante decisivo. Se anche nella roccaforte partenopea, che ha sfornato gran parte dei leader M5S, il Movimento dovesse rivelarsi un flop, il processo di disgregamento sarebbe difficile da arrestare.
L’era Di Maio è finita una volta per tutte?
Ancora no, anche perché la concorrenza interna non è così temibile. Ma rischia di regnare in un castello di sabbia. Un partito che ormai viaggia a quota 14% non può più permettersi di apporre veti come quello contro De Luca in Campania. Le elezioni suppletive saranno la prova del nove.
Intanto le acque del Pd sono di nuove agitate dalle Sardine. Che sono molto amiche della nuova presidente, Valentina Cuppi.
Non so se c’è anche questa ragione dietro la scelta, ma se così fosse sarebbe una mossa azzardata. Le Sardine sono state un fenomeno importantissimo in Emilia-Romagna, hanno dato un grande contributo alla vittoria di Bonaccini. L’idea che possano trasformarsi in un movimento organizzato a livello nazionale, o ingrossare le fila del Pd, mi sembra quantomeno incongrua.
Professore, chiudiamo su Zingaretti. E se fosse lui a voler staccare la spina? Un ritorno al voto metterebbe in seria difficoltà Renzi, e i sondaggi danno il Pd in risalita…
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Zingaretti paventa un ritorno al voto, ma sa anche che chiudendo oggi la legislatura si ritroverebbe un Pd intorno al 23% e Salvini al governo con il centrodestra. Dubito sinceramente che sia disposto a un azzardo del genere.