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5G e Coronavirus, Huawei continua il pressing sull’Italia. E parla l’ad Miao

Parla come un ambasciatore, ma è l’Ad di Huawei Italia Thomas Miao. Il numero uno del ramo italiano del colosso tech cinese ai microfoni dell’Adnkronos difende la Cina dalle accuse di propaganda sul coronavirus, “sono strumentali”, e auspica che, una volta passata l’emergenza sanitaria, la solidarietà di Pechino faciliti la collaborazione con l’Italia nella rete 5G. “Speriamo che questa emergenza abbia dimostrato ancora una volta il ruolo assolutamente strategico che il settore delle telecomunicazioni svolge per un Paese – ha detto Miao – Riteniamo essenziale l’adozione di una politica industriale dedicata che si concentri sul potenziamento delle reti e sull’adozione delle migliori tecnologie presenti sul mercato, senza pregiudizi”.

“Huawei ha assunto un forte impegno con tutti i propri clienti, pertanto abbiamo sviluppato piani di emergenza che includono diversi scenari, al fine di garantire la continuità del servizio, nonché il suo massimo livello qualitativo – ha aggiunto – Siamo in costante comunicazione con clienti e partner, controllando il corretto sviluppo di ogni singolo progetto, monitorando la situazione dettagliatamente. Siamo molto attenti all’evoluzione e all’impatto del Coronavirus, vogliamo continuare a fornire una risposta responsabile ed efficace all’emergenza”. Miao poi cita come modello l’uso del 5G da parte del governo cinese a Wuhan, la città dove è scoppiata la pandemia. “A Wuhan l’efficace scambio di dati è stato un fattore cruciale per controllare l’epidemia poiché ha supportato le funzioni ordinarie, nonché servizi come la raccolta di dati, la diagnosi e il monitoraggio da remoto, la trasmissione di immagini ad alta risoluzione, una migliore collaborazione tra ospedali e quindi una maggiore efficacia di prevenzione e trattamento della pandemia”.

Le dichiarazioni di Miao sembrano una conferma, neanche tanto velata, che per il gigante della telefonia mobile di Shenzen accusato di spionaggio dagli Stati Uniti la corsa alla banda larga e quella alla solidarietà rientrano in una sola partita. E dimostrano quanto sottile sia la linea di divisione fra politica aziendale e diplomazia cinese. È questa, fra le altre, l’accusa che diverse agenzie di intelligence occidentali muovono alla compagnia, quella cioè di avere un rapporto organico con i vertici politici di Pechino, accusa che Huawei continua a rispedire al mittente rivendicando di essere indipendente.

Certo, quella dell’ad Miao non è una difesa d’ufficio del governo cinese accorata quanto quella del presidente di Huawei Italia Luigi De Vecchis, che in queste settimane ha più volte twittato in soccorso del Partito comunista cinese (Pcc), definendo il presidente Donald Trump “un opportunista che pensa solo alla sua campagna politica” (sotto il tweet del Tycoon in omaggio alle Frecce tricolori) e rilanciando la propaganda della Città Proibita su un presunto complotto degli Usa dietro alla pandemia globale.

Da un po’ di giorni l’azienda è in prima linea nella campagna di solidarietà verso l’Italia colpita dall’emergenza sanitaria. Fa sapere di aver istituito “un’unità interna di crisi al fine di collaborare al meglio con le istituzioni nazionali e locali e avviare azioni di sostegno concertate con gli operatori di telecomunicazioni e i propri partner” e di aver già donato “1.000 tute protettive destinate ad alcuni ospedali di Milano e 200.000 mascherine tipo FFP2 CE sono in arrivo dalla Cina”.

Ma dietro la partita sanitaria ce n’è un’altra con serie implicazioni per la sicurezza, quella per il cloud degli ospedali. “Il 5G, in sinergia con altre tecnologie come Cloud, AI e Big Data – ha spiegato Miao all’Adnkronos – può guidare la trasformazione digitale dei sistemi sanitari a fornire una risposta più efficace alle grandi emergenze pubbliche. Ad esempio, abbiamo collaborato con la Huazhong University of Science & Technology e la Lanwon Technology per sviluppare e lanciare un servizio di analisi quantitativa di diagnostica per immagini assistita dall’intelligenza artificiale per Covid-19. Grazie alle nostre tecnologie di AI come la visione artificiale (computer vision) e la diagnostica per immagini, il servizio può fornire ai terapeuti automaticamente, rapidamente e correttamente i risultati della quantificazione della tomografia computerizzata (Tac), ovviando alla carenza di medici esperti di diagnostica per immagini che possono diagnosticare con precisione il Covid-19″. In palio ci sono i dati dei pazienti, cioè le cartelle cliniche, che in Italia sono sottoposte a un severo regime di privacy.”Il servizio combina informazioni cliniche e risultati di laboratorio per aiutare i medici a distinguere più accuratamente tra le fasi iniziali, avanzate e gravi di Covid-19, facilitando lo screening precoce, la prevenzione e il monitoraggio” ha concluso Miao.

La partita di Huawei per il cloud parte proprio dallo Stivale. Come ha annunciato De Vecchis in una recente intervista, l’azienda sta discutendo della possibilità di “collegare in cloud gli ospedali italiani tra di loro, comunicando con le unità di crisi e permettendo “ad alcune strutture ospedaliere di regioni diverse di comunicare con le unità di crisi in tempo reale, scambiandosi informazioni, dati e collaborando nell’emergenza”. Non è un accordo da poco, perché dal cloud degli ospedali passa una mole di dati sensibili. E infatti c’è già chi, a Roma e a Bruxelles, vuole chiedere un chiarimento parlamentare per quello che sembra l’antipasto della “Via della Salute” preannunciata in un colloquio telefonico fra Giuseppe Conte e Xi Jinping.


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