Chi pensa che, risolto (più o meno) il caso cinese, risolveremo anche i casi italiano, sud coreano ed iraniano ed il peggio sarà passato, non ha capito niente: il peggio deve ancora venire. E non mi riferisco all’Africa, dove forse il Covid -19 già è diffuso, ma magari non lo sappiamo perché se muore un intero villaggio in Rwanda non fa nemmeno notizia e posto che qualcuno si preoccupi di farne statistica. Come dimostra l’epidemia di Ebola, le infezioni stentano a diffondersi fuori dell’Africa perché quelle popolazioni hanno scarsa mobilità sia interna al continente (si calcola che circa il 30% della popolazione non si sia mai allontanata dal suo luogo d’origine) sia, ancor più, fuori di esso: gli immigrati che vengono in Europa sono una percentuale minima del miliardo e 200 milioni di africani (circa lo 0,5 per mille annuo), anche se a noi sembrano tanti.
Il peggio sono gli Usa dove iniziano ad esserci le zone rosse, i contagiati stanno rapidamente aumentando e si avvicinano già ai 2.000. Certo, gli Usa hanno una popolazione di quasi 400 milioni di abitanti e anche 4.000 casi sono solo 1 su 100.000, hanno ospedali specializzatissimi, farmaci ed attrezzature abbondanti. Tutto vero. Però, gli Usa hanno un terzo della popolazione in condizioni di povertà e circa un decimo in condizioni di povertà assoluta. Hanno, in proporzione, più immigrati clandestini dell’Europa (i cosiddetti latinos). Non hanno un sistema di sanità pubblica, gli ospedali (soprattutto quelli migliori) sono in netta maggioranza privati, hanno il 25% della popolazione che, praticamente, non ha alcuna assistenza sanitaria ed un tampone costa più di 2.000 dollari a carico del paziente. In queste condizioni, se l’epidemia (come temo molto seriamente) prende piede in primo luogo non si saprà nemmeno quanto saranno i positivi, perché tutta la fascia più povera non andrà a farsi il tampone che non può assolutamente permettersi.
Trump ha annunciato misure straordinarie con cure (quali?) ed esami gratis. Ma come fa a farli? Obbliga le strutture private a farli? Ma, ammesso che magari riesca a farlo con le strutture della sanità militare, dopo, gli infetti dove li ricovera? E i sospetti dove li mette in quarantena? Ancora una volta le strutture ospedaliere pubbliche non sono assolutamente in grado di reggere un peso di decine (se non centinaia) di migliaia di persone. Allora sanità privata? Ma può obbligarli? Significa sgomberare interi ospedali di pazienti profumatamente paganti (magari attraverso le assicurazioni) per riempirli di poveracci in gran parte non in grado di dare un dollaro. Paga lo Stato? Allora Sanità militare? Ma circa i 2/3 delle Forze armate americane sono nelle 745 basi all’estero con quel che ne consegue.
Peraltro il virus (c’è giustizia a questo mondo!) colpisce anche lor signori che comunque non vorrebbero condividere il ricovero con i poveri o magari finire in un ospedale militare.
In più, e questo è il vero guaio, gli americani, vuoi per lavoro, vuoi per studio, vuoi per turismo (anche se non sono questi i tempi), vuoi per altro, sono un popolo molto mobile: i passeggeri aerei statunitensi (circa il 6,7% della popolazione mondiale) sono un po’ più del 25% del totale mondiale, anche se la maggior parte si sposta all’interno degli Usa. Fermare tutto? Proviamo ad immaginare le conseguenze economiche se le misure da zona rossa e blocco totale che abbiamo preso per Milano si dovessero prendere per New York.
Inoltre, (le disgrazie non vengono mai sole) va considerata anche l’ipotesi di una ulteriore mutazione genetica che renda il virus ancora più aggressivo, come è successo in Italia rispetto alla Cina: le previsioni andrebbero riviste al di sopra.
Dunque, davvero il peggio non lo abbiamo ancora visto, ma forse non dovremo neppure attendere molto.