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Aziende strategiche. La mossa di Consob e il fondo sovrano che non c’è. Il punto di Bechis

Il giovedì nero delle Borse europee seguito alle parole della presidente della Bce Christine Lagarde incombe ancora sui mercati del Vecchio Continente. Dopo un avvio con il segno +, questo martedì anche Piazza Affari, che giovedì  ha sofferto un crollo record del 16,9%, ha di nuovo invertito la rotta, mentre lo spread tra Btp e Bund ha superato quota 280 punti base.

Rimangono i postumi, soprattutto, della grave erosione della capitalizzazione di decine di aziende strategiche italiane andata in scena dopo lo scivolone di Francoforte. Tant’è che anche questo martedì la Consob è corsa ai ripari, vietando la vendita allo scoperto di 20 titoli azionari (Azimut H., Tim, Unicredit, Exor, Fca, B.Generali, Leonardo, Ubi B., Mediobanca, Fiera Mi., SanLorenzo, B. Mediolanum, Dovalue, Cerved, Ovs, Maire T., Marr, Autogrill, B.Mps, Astm).

Alla misura temporanea faranno seguito altre, più incisive restrizioni ai sensi dell’articolo 20 del Regolamento europeo n. 236/2012, ha fatto sapere l’authority con un comunicato. La normativa prevede che la stretta, che sarà estesa nel tempo e allargata ad altri settori, sia preceduta da un parere, obbligatorio ma non vincolante, dell’Esma (European securities and markets authority), che a sua volta lunedì ha abbassato dallo 0,2% allo 0,1% la soglia che fa scattare l’obbligo di comunicare alle autorità nazionali di vigilanza le posizioni nette corte. La scelta della Consob è stata seguita da altre autorità europee, come l’Autorité des marchés financiers (Amf, la Consob francese), che nella giornata odierna ha vietato la vendita di ben 92 titoli, e l’autorità spagnola (Cnmv), che ha avviato la procedura per un divieto di 90 giorni.

Mentre si attende che le autorità traccino sui mercati un nuovo perimetro di difesa degli asset strategici nazionali, iniziano a muoversi anche i singoli governi. Un segnale chiarissimo è stato lanciato dal ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire. Il titolare di Palazzo Bercy ha ventilato un intervento dello Stato a difesa delle imprese dell’Hexagone divenute vulnerabili o addirittura sull’orlo del dissesto a causa dell’emergenza Covid-19. “Potrei anche usare la parola nazionalizzazione, se necessario”, ha detto in videoconferenza stampa presentando le nuove misure economiche del governo.

Un monito eloquente per gli speculatori che volessero approfittare del crollo delle quotazioni per mettere le mani su settori chiave dell’economia francese che, come da copione, arriva in assenza di uno stanziamento ad hoc da parte del governo d’Oltralpe. Con una volatilità record dei mercati europei anche un segnale, se veicolato nel modo giusto, può fare la differenza.

Nonostante l’inevitabile rimbalzo, i titoli delle grandi imprese, banche e assicurazioni quotate sul mercato telematico ancora risentono della caduta verticale della settimana scorsa, creando un terreno fertile per le scalate ostili. Si tratta di una questione di sicurezza nazionale: in assenza di un patto di sindacato, per conquistare un ruolo chiave in tante aziende di settori strategici, dall’Energia alla Difesa, dalle banche all’Aerospazio, non serve il 50%+1 del pacchetto azionario, basta una minoranza di blocco.

E l’emergenza coronavirus rischia di imporre una ridefinizione del concetto stesso di “settore strategico”. Sono strategici, ad esempio, i settori della biotecnologia o della farmaceutica? Se lo chiedono in molti fra gli addetti ai lavori dopo che è andata in scena la prima Opa alla Borsa di Milano a seguito del crollo di giovedì: con un’offerta amichevole, la giapponese Agb (Gruppo Mitsubishi) ha acquisito la Molmed, società italiana di biotecnologie impegnata nella ricerca e sviluppo di terapie innovative per la cura del cancro che collabora da anni con l’ospedale San Raffaele di Milano.

La mossa di Le Maire ha aperto un fronte nella politica italiana, e in particolare nel Copasir (Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), che per primo ha lanciato un allarme sull’esposizione delle aziende italiane e che al tema ha dedicato un nuovo ciclo di audizioni a Palazzo San Macuto. Le parole del ministro francese, ha detto il presidente in quota Lega Raffaele Volpi, sono “una vera e propria lezione di difesa degli assetti strategici”.

Una proposta rilanciata anche da un altro membro del comitato, il deputato del Movimento Cinque Stelle Antonio Zennaro, che chiama in causa Cassa Depositi e Prestiti (Cdp): “Potenziare Cdp e dotarla di strumenti sia finanziari che di legge per tutela imprese italiane anche con intervento pubblico e nazionalizzazioni”. L’idea di trasformare la Cdp nell’equivalente di un fondo sovrano, con un’eventuale partecipazione di soggetti privati, per intervenire in una ricapitalizzazione (o anche solo ventilarla) delle aziende colpite dal terremoto sui mercati, si fa strada in ambienti economici, anche vicini al governo. Una soluzione non dissimile dalla Kwf, la grande banca dello sviluppo tedesca (posseduta per l’80% dallo Stato e per il 20% dai Lander) che, parola del ministro dell’Economia Olaf Scholz, stanzierà “crediti illimitati” alle imprese colpite per un valore di 550 miliardi di euro.

Sullo sfondo rimane un punto interrogativo sull’uso che il governo italiano farà del golden power, i “poteri speciali” che il decreto cyber di questo autunno ha ampliato anche alle nuove tecnologie e alla rete 5G. In un’intervista a Formiche.net, il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani ha annunciato che il centrodestra chiederà al governo di adottare il golden power “per bloccare gli acquisti”. Alla vigilia del decreto “Cura Italia” era stata ventilata da più parti la sospensione dei termini per le notifiche e le decisioni relative all’uso dei poteri speciali per evitare di aggravare tanto le imprese quanto la Pubblica amministrazione in un momento di emergenza che, da una parte e dall’altra, impone un personale e un’operatività ridotta. L’ipotesi però sarebbe stata scartata, perché la sospensione non farebbe altro che creare un “limbo” per eventuali azioni ostili.



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