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Cattolici vs evangelici. La santa sfida delle presidenziali vista da Annicchino

Una corsa nella corsa. Dentro alla sfida per la nomination democratica prima, e per le elezioni presidenziali statunitensi a novembre poi, si gioca in sottofondo un’altra partita, quella per vincere i cuori e le menti del mondo religioso, a partire da due mondi che da sempre fanno la differenza alle urne americane: i cattolici e gli evangelici. Joe Biden, ex vicepresidente di Barack Obama che svetta in testa alla gara fra democratici dopo un formidabile Super Tuesday, è un cattolico fervente, ma anche progressista. Praticante e devoto, ma anche favorevole all’aborto e difensore dei diritti Lgbt, in aperto contrasto alle direttive della gerarchia ecclesiastica. Un ossimoro che può trasformarsi in un’arma letale per battere Donald Trump, così come in un boomerang, spiega a Formiche.net Pasquale Annicchino, Senior Research Associate Cambridge Institute on Religion & International Studies.

Professore, che tipo di cattolico è Joe Biden?

Un cattolico progressista, nel mainstream del cattolicesimo progressista ma non del progressismo statunitense.

Qual è la differenza?

In America il progressismo si fonda su posizioni molto critiche della religione organizzata in quanto tale, e in quel mondo l’ateismo e la secolarizzazione continuano a farsi strada. Biden è una figura tragica, da giovane ha perso in un incidente la moglie e la figlia, poi per una malattia suo figlio, di cui ancora oggi porta un rosario al polso. È cattolico, di origini irlandesi, e lo ostenta. Prima della campagna elettorale ha girato un video in cui prega in ginocchio con un gruppo di fedeli, quasi in uno stato di trance.

Eppure su tante questioni è distante dalle posizioni della Chiesa.

Sui temi etici, dall’aborto alle adozioni e ai matrimoni gay, Biden è in aperto contrasto con la gerarchia ecclesiastica, più di una volta gli è stata negata la comunione a messa per questo motivo. Queste frizioni però impattano solo in parte l’elettorato cattolico americano, che è una realtà sempre più polarizzata.

Una realtà più vicina a Trump?

Le analisi dei trend di voto mostrano che Biden riesce ad attrarre elettori religiosamente connotati più di qualsiasi altro candidato. Trump ha dalla sua il sostegno ferreo degli evangelici conservatori, ma alcuni dei cattolici che lo hanno votato potrebbero fare uno switch a novembre.

Quanto conterà il fattore religioso in vista di novembre?

Molto. Nonostante la secolarizzazione, quella statunitense è una società ancora molto religiosa, più di quanto non lo siano quella francese o tedesca. Anche nel campo democratico c’è una fetta importante di elettorato che, pur non appartenendo a una comunità, crede alla religione civile statunitense, che da sempre impregna la politica americana. Uno dei più influenti speechwriter di Obama, Jon Favreau, riempiva i discorsi del presidente con riferimenti religiosi.

Anche con il Vaticano i rapporti di Biden sono controversi?

Tutt’altro. Nel 2011 Biden fu uno dei primi politici americani a incontrare privatamente Benedetto XVI. E nel 2013 era presente lui, in rappresentanza del governo, alla cerimonia di insediamento con papa Francesco. Con questo papato, Biden ha sicuramente più punti di contatto di quanti non ne abbia Trump.

Lo stesso vale per la Chiesa cattolica negli States?

Dipende dagli interlocutori, ci sono stati cambiamenti importanti con le nuove nomine di papa Francesco. Il cardinale di New York Timothy Dolan, a capo di una delle diocesi più importanti in America, ad esempio, difficilmente si prenderebbe con Biden, perché sui temi etici ha posizioni molto nette, soprattutto sull’aborto. Sarà interessante capire se la Conferenza episcopale americana si esporrà in campagna elettorale, cosa che finora non ha fatto.

Un endorsement può fare la differenza?

Dipende. Non dimentichiamo che spesso gli elettori religiosi non seguono le indicazioni delle gerarchie. Nel novembre 2016 la chiesa dei Mormoni, una delle istituzioni religiose più critiche di Trump, chiese di votare Clinton, eppure Trump ha stravinto in Utah, che è una roccaforte del mondo mormone.

Nel mondo repubblicano chi conta di più: i cattolici o gli evangelici?

I cattolici conservatori ci mettono le idee. Gli evangelici la macchina: sono più organizzati, e contano ancora oggi sulla moral majority di cui parlava Pat Robertson negli anni ’70. Hanno creato un contro-establishment fatto di centri di ricerca, tv, case editrici, che quando si attiva può essere letale. Per questo Trump, che è l’uomo meno religioso che si possa immaginare, ha fatto aperture così significative nei loro confronti. È un rapporto simbiotico: quando a dicembre il direttore del giornale d’area Christianity Today ha scritto un editoriale pro-impeachment, l’intera comunità evangelica gli si è rivoltata contro, fino a costringerlo alle dimissioni.

Anche perché gli evangelici hanno un loro uomo alla Casa Bianca: il vicepresidente Mike Pence.

Pence è una pedina fondamentale. Lo scorso gennaio, durante un incontro in una chiesa evangelica in Iowa, ha dichiarato di essere “prima cristiano, poi americano, infine repubblicano, in quest’ordine”.

Può intralciare i piani di Biden?

Biden non ha presa sugli evangelici, ma potrebbe riuscire a mobilitare il cattolicesimo progressista americano, specie il mondo delle ong, così come le associazioni pro-aborto e pro-diritti degli omosessuali, cioè le constituency di Elizabeth Warren e Pete Buttigieg. Un mondo che può fare la differenza alle urne, anche se ha un’organizzazione meno strutturata della destra religiosa, che è un vero e proprio esercito.

La Santa Sede è consapevole di quanto siano divisi i cattolici americani?

Credo che la Santa Sede abbia il polso e conosca bene la polarizzazione del cattolicesimo americano, in questi mesi la parola “scisma” è stata sempre più ricorrente. Altro conto è avere la volontà di affrontarla, o esasperarla.

C’è da aspettarsi una presa di posizione sulle presidenziali?

Ne dubito. Ci sarà sicuramente la movimentazione di alcune diocesi. Non sarei sorpreso da un documento preelettorale in cui venga menzionata la questione dei migranti, su cui la Conferenza episcopale si è espressa molto duramente, assieme al fronte etico.

Quanto è decisivo il supporto del mondo cattolico per la rielezione di Trump?

Sarà l’ago della bilancia in molti “Swing States”. In Texas Biden ha avuto un risultato ben oltre le aspettative, anche se dubito che Trump possa perdere. La partita decisiva si giocherà negli Stati centrali, come il Michigan, dove il fattore religioso può convincere ad andare alle urne l’elettorato rurale, i cosiddetti “forgotten men”.

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