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Cavallo di Troia o ronzino? Il prof. Balducci spiega il flop degli aiuti dalla Russia

La notizia che unità delle forze armate russe stanno muovendosi liberamente nel nostro Paese con la motivazione (scusa) che ci starebbero aiutando nella nostra lotta al Covid19 non mi meraviglia affatto. Cercherò di spiegare questa mia assenza di meraviglia appoggiandomi su due pilastri: alcuni dati economici e la mia conoscenza della Russia maturata in circa 15 anni di coinvolgimento in progetti europei miranti alla modernizzazione dell’amministrazione russa.

Iniziamo dai dati economici. Mi baserò sui dati che prendo dall’edizione 2019 di un innocuo libercolo pubblicato a cura dell’Economist, dal titolo “Pocket World in Figures”. Popolazione: Russia 144 milioni di abitanti, Italia, 59,4 milioni di abitanti. Principali prodotti esportati: Russia,  carburanti (fuels), esportazione per 169 miliardi di dollari, minerali nobili (ores and metals), esportazioni per 38 miliardi di dollari. Italia: prodotti meccanici per 169,5 miliardi di dollari. Prodotto interno lordo (Pil): Russia 1.281 miliardi di dollari, Italia 1.860 miliardi di dollari.

In soldoni: la Russia, con una popolazione che è due volte e mezza quella dell’Italia, con riserve di petrolio e gas tra le maggiori al mondo, con risorse naturali in minerali pregiati (oro, rame, bauxite, terre rare etc.) tra le maggiori al mondo, ha un prodotto interno lordo che è solo due terzi (!) di quello della nostra Italietta. La quale cara Italietta ha un attivo nella bilancia commerciale di prodotti della meccanica di circa 50 miliardi di dollari, mentre la Russia ha un passivo nello stesso settore di 62 miliardi di dollari.

La Russia risulta al contempo un nano economico e tecnologico ma un gigante militare. Non c’è dunque da meravigliarsi se qualsivoglia più o meno presunto aiuto assuma la forma e la sostanza di un aiuto gestito dalle forze armate. Dobbiamo chiederci se da questo aiuto militarizzato la nostra Italietta può aspettarsi qualcosa di concreto. Personalmente non credo che ciò sia possibile.

Che cosa penso di aver capito dalla mia pluriennale frequentazione della Russia da un punto di osservazione particolare, quello di qualcuno che era chiamato a suggerire alle autorità russe come favorire la transizione verso uno stato di diritto basato su una economia di mercato? Innanzitutto una grande sorpresa. Nel mondo occidentale i Paesi del socialismo reale venivano rappresentati come Paesi caratterizzati da una economia pianificata.

La sorpresa fu nello scoprire che nella ex Unione Sovietica non c’era alcuna pianificazione. Quello che in occidente veniva spacciato e accettato come pianificazione in effetti era solo accentramento. A livello di strutture statali in Unione Sovietica non esisteva alcuna differenza tra uffici periferici dello Stato (esempio una prefettura) e un organo di autogoverno (esempio un comune).

Nel settore della produzione e dell’economia l’accentramento era ancora più esasperante. Un qualsiasi Kolkoz degli Urali che avesse voluto comperare una motosega era costretto a chiedere l’autorizzazione su, su nella scala gerarchica sino a risalire a Mosca.

Sono convinto che il regime comunista in Unione Sovietica sia crollato perché l’attività produttiva cominciava a tirare e le unità produttive periferiche non potevano più permettersi di aspettare mesi, se non anni, prima di avere una risposta da Mosca.

Il crollo del regime che ha portato a cavallo tra 1991 e 1992 alla dissoluzione dell’Unione Sovietica e alla nascita della Repubblica federale russa (rimarco qui, per inciso, che esattamente nello stesso periodo il mercato comune europeo diventava Unione europea e la Cina faceva la sua comparsa al Wto) non ha però portato a una rapida sostituzione del vecchio sistema gerarchico con un nuovo sistema orientato al mercato e allo stato di diritto.

La dissoluzione dell’Unione Sovietica e del regime comunista ha portato invece a una situazione di caos in cui sono emersi centri di potere di tipo “mafioso”. Il successo di Putin e la sua grande popolarità sono dovuti al fatto che, anziché spingere verso un’economia di mercato basata sulla rule of law, ha reintrodotto il meccanismo gerarchico fondendolo con la rette di potere degli oligarchi.

I deludenti dati economici che fanno della grande madre Russia uno stato rachitico se confrontato con la nostra Italietta sono riconducibili a questa struttura istituzionale. In questa situazione l’unica struttura in grado di avere un minimo di operatività risulta essere quella militare. Anche per questo motivo non mi meraviglio che il (presunto) aiuto russo all’Italia si concretizzi in operazioni militari.

Anche qui dobbiamo chiederci se queste operazioni possano esserci veramente di aiuto. A caval donato non si guarda in bocca. Ma sarebbe opportuno per lo meno accertarsi se quello che ci viene donato è un cavallo (magari sdentato) o un ronzino che non ci farà alcun servizio e che dovremo poi sopprimere facendo attenzione affinché i germi che infettavano il suo corpo non si diffondano.

Oramai è accettata in maniera generale l’idea che le guerre moderne si combattono nel settore dell’economia e dell’informazione. La guerra economica. Il ricorso agli strumenti della guerra tradizionale è lasciato a situazioni marginali e, soprattutto, a chi non sa e non può avvalersi della variabile economica. Temo che uno dei maggiori danni provocati dal Covid19 possa essere la rinuncia all’utilizzo di questo strumento che dovrebbe mettere l’Italia in posizione privilegiata e non in quella di mendicante.



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