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Aldo Moro, il coronavirus e le politiche del popolo. Parla padre Occhetta

Esattamente il 16 marzo di 42 anni fa il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro veniva rapito in via Fani, a Roma, da un commando delle Brigate Rosse. I cinque uomini della sua scorta furono trucidati all’istante mentre per l’ex presidente del Consiglio si aprirono i 55 giorni di prigionia che si conclusero il successivo 9 maggio, con l’omicidio e il ritrovamento del suo corpo senza vita in via Michelangelo Caetani. L’ora più buia della repubblica italiana prima dell’emergenza coronavirus, di cui Formiche.net ha parlato con lo scrittore della Civiltà Cattolica padre Francesco Occhetta, autore del libro dal titolo “Le politiche del popolo. Volti, competenze e metodo” (edito da San Paolo). Una guida carica di spunti e di suggestioni per affrontare la crisi che stiamo vivendo e per provare subito a ripartire, più compatti e più consapevoli, quando saremo finalmente riusciti, speriamo presto, a lasciarci alle spalle l’epidemia.

Oggi ricorre l’anniversario del rapimento di Aldo Moro di cui lei ha anche scritto per Civiltà Cattolica. Cosa ci ha insegnato l’ex presidente della Dc con la sua vita, le sue parole, il suo pensiero?

Ci ha insegnato molto, la responsabilità verso gli altri, la politica intesa come servizio, la cultura come luce per vedere nel buio, il coraggio di riformare il sistema prima anticipando ogni cambiamento. Purtroppo, il rischio dell’oblio è dietro l’angolo, non solamente perché da un’inchiesta fatta nelle scuole italiane è emerso che circa il 70% dei ragazzi non sa chi sia stato, ma per il rischio di ridurre la sua eredità e i 62 anni della sua vita al “caso Moro” e ai 55 giorni della sua prigionia . È stato un parresiasta, ha ricercato la verità anche davanti alla sua morte. “La verità è l’unica forma di giustizia possibile”, ha affermato il figlio, Giovanni Moro. Davanti all’immagine fissata nella memoria pubblica delle foto dalla prigionia e del corpo di Moro senza vita, sacrificato come un agnello, rimane la responsabilità di costruire la giustizia non come vendetta che aumenta l’odio e offusca la verità, ma come riparazione del male fatto.

Prima del coronavirus, il rapimento e la morte di Moro hanno rappresentato probabilmente il momento più buio nella storia della Repubblica italiana. Quale messaggio da quella terribile vicenda possiamo trarre per affrontare l’emergenza che stiamo vivendo?

Oggi come allora occorre costruire insieme “coesione sociale”. Mentre la paura e la vulnerabilità disgregano e sono istintivi, la coesione e la cooperazione sociale sono scelte culturali e richiedono cittadini adulti e responsabili che non scappino davanti alle necessità di tutti.

Nel suo nuovo libro possiamo trarre molti spunti per la fase che stiamo vivendo. A partire dai temi della connessione fra le persone, delle competenze e delle responsabilità che affronta il presidente del Parlamento Ue David Sassoli nella sua prefazione. Argomenti la cui importanza stiamo sperimentando in questi giorni?

Quando lo stavo scrivendo sentivo che qualcosa sarebbe cambiato per sempre. Ed è cambiato. Il volume è un esperimento di una comunità che da anni si ritrova per ripensare il Paese. Oltre alla prefazione del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, la seconda parte scritta da me approfondisce sia il concetto di popolo come categoria politica nel tempo dei populismi, sia un nuovo modello di sviluppo umano integrale, che sta a cuore alla Chiesa, come alternativa a un sistema destinato a collassare. La terza parte approfondisce il binomio città ed Europa con 19 temi approfonditi da altrettanti esperti del settore: dalle parole che si usano nello spazio pubblico alle politiche dell’abitare, dai nuovi lavori alla privacy dei dati, dall’amministrazione della giustizia ai beni comuni, dalle riforme possibili fino ai principi della fisica quantistica per capire cosa fare quando un sistema (politico) implode. Sono il frutto di una comunità che da anni si vede, si ascolta e si confronta sui temi della vita politica. Il quarto elemento è il metodo di formazione che ha ormai 11 anni, frutto dell’esperienza di Connessioni in cui sono passati circa un migliaio di giovani per la formazione alla politica. È questo il senso del sottotitolo: volti, competenze e metodo.

Nel saggio lei parla della necessità di passare dalla solitudine e dalla paura dell'”io” al “noi” politico e sociale. In che modo, tanto più ora che siamo obbligati a rimanercene a casa in alcuni casi anche da soli?

La solitudine e la vulnerabilità dell’io hanno sempre bisogno di vivere con l’altro. La persona, per essere tale, può solo con-vivere, altrimenti rimane un individuo. Da secoli la Chiesa afferma che l’esistenza della persona si dà nella sua coesistenza: la mia vita è in relazione agli altri e nella dipendenza reciproca nascono la res publica e il popolo. È la natura del potere che condiziona la crescita del popolo e il “noi” sociale, perché è come una moneta a due facce: possiede l’altro oppure lo libera; lo soffoca o lo fa sbocciare; lo controlla o lo accompagna; lo odia o lo ama. Invece, le vere politiche del popolo sono quelle che partono dalle relazioni e non dalle istituzioni. Nel dopo coranavirus la frammentazione sociale andrà ricomposta come insegna la cultura orientale, secondo la quale, quando una ceramica si rompe, la si rimette insieme con l’oro fuso attraverso l’arte del Kintsugi. Tutto ciò che si è rotto, bisognerà rimetterlo insieme in una forma nuova.

Le città e l’Europa sono due luoghi fondamentali su cui le si sofferma nel suo saggio. Entrambi, peraltro, al centro di questa emergenza: le prime come primo presidio a sostegno dei cittadini, la seconda così lontana eppure così necessaria per vincere questa sfida. Quale funziona immagina per le une e per l’altra, in questa fase ma anche per il futuro?

Sono interconnesse, le città hanno bisogno di diventare più sostenibili e più abitabili, investendo su tutto ciò che è “il bello” urbanistico, artistico, sociale ecc. L’Europa invece deve essere ripensata come spazio politico e solidale, altrimenti la Cina da una parte e l’America dall’altra liquideranno il nostro patrimonio valoriale e di “potenza di pace”. Nel volume ci sono molti interventi a riguardo che aiutano a rivedere anche le riforme dell’Italia da punto di vista europeo.

Infine, ma non per ordine di importanza, la formazione e il metodo per far sì che il merito e la competenza possano prevalere non solo in questa fase di emergenza. Ce la faremo?

Da 11 anni sto investendo nella formazione politica (quella alta!) soprattutto rivolta ai giovani. Da subito avevo pensato a un metodo preciso che spiego nel dettaglio nel volume. Oltre al metodo occorre costruire comunità e connetterle con quelle già esistenti, oggi non vince l’appartenenza ma la cooperazione. E poi tanta umiltà a studiare i problemi urgenti del Paese e dare soluzioni concrete a partire dai principi in cui crediamo.

Un’ultima domanda. Da uomo di fede che messaggio vuole rivolgere ai nostri lettori che si trovano ad affrontare questo periodo così difficile?

La preghiera è il motore della vita, ci permette di camminare nella notte e di dirigerci insieme dove nasce il sole. In questi nostri giorni di privazione in cui siamo senza incontri, senza celebrazioni, senza liturgie, possiamo fare nostra la domanda della Samaritana: dove e come andremo per adorare Dio? La risposta del Vangelo di Giovanni al capitolo 4 è chiara: non nel tempio, nemmeno sul monte, nemmeno in casa, ma in quel luogo interiore in cui la presenza si fa incontro per sé, per gli altri e per dare frutti per la vita del mondo. È aiutare a vivere “in spirito e verità” insieme al Signore della vita. Per la Chiesa il fine dell’azione sanitaria è quello di occuparsi della salute — dal latino salus —, che è la salvezza integrale dell’ammalato da non lasciare mai solo.



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