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Coronavirus, vi spiego cosa succede davvero in Italia. Parla Walter Ricciardi

Oltre mille contagi, ventinove morti, tredici regioni coinvolte più la provincia autonoma di Bolzano e, per la prima volta, i nuovi contagi nel mondo (prevalentemente in Italia) sono di più di quelli registrati in Cina. C’è chi parla di pandemia inarrestabile e chi, invece, tende a calmierare gli animi. Per capire meglio cosa sta succedendo in merito al coronavirus, Formiche.net ha intervistato Walter Riccardi, consigliere del ministero della Salute per il coordinamento con le istituzioni sanitarie internazionali per l’emergenza Covid-19.

Il numero dei contagiati continua a crescere, le scuole restano chiuse, le partite vengono rimandate e le manifestazioni annullate. Però si dice ai cittadini di non allarmarsi e che non si può mettere in ginocchio l’economia nazionale. Come stanno davvero le cose?

La situazione attuale è che siamo ancora nella fase in cui riteniamo che questi focolai endemici possano essere contenuti e che quindi l’infezione si possa in qualche modo limitare a quelle grandi zone dell’Italia del Nord dove si sono concentrate, evitando che diventi un’epidemia tutta italiana e che si espanda alle altre regioni.

Quindi avete la situazione sotto controllo?

Siamo fiduciosi e stiamo facendo di tutto affinché questo si verifichi. Chiaramente, però, non possiamo essere certi che questo succeda e per saperlo dovremo attendere le prossime due settimane.

Gli italiani non devono rintanarsi in casa, allora?

In questo momento la situazione di allarme è soprattutto in Lombardia, in Veneto – che sono i focolai originali – e un po’ in Emilia-Romagna. Sono queste le tre regioni coinvolte. Chiaramente anche quelle limitrofe sono sotto osservazione, ma nel resto del Paese la situazione è assolutamente sotto controllo.

Abbiamo scoperto che il Covid-19 può essere recidivo, e tornare anche a chi ne è guarito. Come prende questa notizia la comunità scientifica?

Con un po’ di preoccupazione perché sostanzialmente significa che l’epidemia continua anche dopo la guarigione clinica, mantenendo la presenza del virus nel sangue. Per cui non è una buona notizia dal punto di vista pratico perché vuol dire che dobbiamo stare molto attenti nelle dimissioni dei pazienti, seppure guariti, e che quindi dobbiamo continuare in qualche modo a tenerli sotto osservazione. In caso contrario, invece, avremmo potuto effettuare dimissioni più rapide e snelle, per cui con questo virus bisogna stare doppiamente attenti.

Ma se i casi positivi sono così tanti, siamo sicuri di aver fatto troppi tamponi noi e non troppo pochi gli altri Paesi?

Sì, ne abbiamo fatti troppi noi e, soprattutto in alcune regioni, li abbiamo fatti in maniera inappropriata. Non abbiamo seguito le linee guida internazionali che dicevano che i tamponi andavano fatti solo ai soggetti sintomatici e con un fattore di rischio di contatto o di provenienza geografica. Avendone fatti tanti questo ha generato un numero di positivi al test superiore agli altri Paesi, che invece li hanno fatti in maniera più corretta.

Percentuale di tamponi negativi?

Circa il 96%.

Sembra gli italiani aspettino con ansia il vaccino per il coronavirus, però abbiamo il vaccino per l’influenza e non si vaccina nessuno, nonostante i circa 8mila decessi annui. Cosa diciamo agli italiani?

Diciamo che nelle questioni di salute bisogna ragionare e non agire con l’emotività. Bisogna affidarsi, insomma, alle fonti certe e autorevoli disponibili. Se tutti gli anziani, e non solo il 50%, si fossero vaccinati a ottobre, avrebbero evitato le paure e le ansie di andare al pronto soccorso temendo di avere il coronavirus quando invece avevano solo una banale influenza. Questo è il vantaggio di seguire la scienza, essere davvero protetti nel momento del bisogno.



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