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Crisi Oil&Gas, come il coronavirus farà da aggravante. Report Sace

La crisi del settore Oil&Gas e quella potenziale di alcuni Paesi produttori si aggancia alla riduzione dei consumi nel medio-lungo termine, che singoli eventi come l’epidemia prodotta dal nuovo coronavirus e la rottura dell’equilibrio Opec+ contribuiscono ad anticipare. È questa la sintesi del report con cui Sace (gruppo Cdp) fornisce un outlook generale sulla situazione di uno dei settori più nevralgici e allo stesso tempo più delicati al momento.

Il mondo dell’energia soffre la pandemia per il calo della domanda, che amplifica problematiche strutturali come “la scarsa diversificazione economica, limitata capacità di imporre nuove tasse e stabilità connessa a regimi con limitato pluralismo che sono alle prese con sviluppi istituzionali (Russia e Arabia Saudita in primis)”.

Oltre il 60% dell’offerta globale di greggio attualmente proviene da Paesi in cui l’export di prodotti petroliferi rappresenta più della metà dell’export complessivo. Verso questi stessi Paesi nel 2019 sono stati diretti 30 miliardi di euro di export italiano. Il dato è chiaro, spiega Sace: cala la domanda perché l’epidemia del nuovo virus ha bloccato le economie, e certi Paesi vanno in difficoltà.

La conseguenza più diretta, secondo l’analisi della società controllata da Cassa Depositi e Prestiti che fornisce servizi assicurativi al commercio estero, sarà la contrazione “delle importazioni da parte delle economie più deboli, la contrazione degli investimenti pubblici e la modifica/cancellazione unilaterale di contratti e in probabili restrizioni valutarie”.

A mettere sotto pressione il mercato, inoltre, permangono aspetti di carattere geopolitico. Elementi come l’instabilità mediorientale, la crisi libica, il destino dell’Iran e quello del Venezuela, che sono aggravati dalla crisi sanitaria e che con ogni probabilità potrebbero spingere la situazione ulteriormente verso il basso.

Stando ai numeri di Sace “la previsione dà una media 2020 intorno ai valori del 2016 (43-45 dollari al barile), ante-accordo Opec+ e con una domanda in rallentamento, rimane quindi lo scenario di riferimento. Le variazioni rispetto a questo scenario rimangono nell’ordine di ±10 dollari al barile con il caso peggiore (30-35 dollari) in cui la guerra di prezzo si prolunga nel 2021 e quello migliore (50-55 dollari, in linea con i valori del primo bimestre 2020) in cui le divergenze tra Russia e Arabia Saudita si ricompongono intorno alla metà dell’anno”.


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