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Il debito pubblico alla Draghi? Giusto, necessario e urgente. Parola di Giacalone

Se una strada è ostruita, per traffico o blocco pretestuoso, serve a nulla mettersi a frignare, prova a cambiare. Questo è il succo della saggia e utile opinione di Mario Draghi.

Qui tutti gli antieuropeisti si sono messi a piagnucolare invocando gli eurobond, i titoli del debito pubblico europeo, ovvero la massima possibile espressione della cessione di sovranità e centralizzazione delle scelte. Sono difesi da ottusità e ignoranza, ma usano la menzogna quando provano a far credere che siano sinonimo di soldi gratis. E siccome il loro starnazzare fa scopa con quello dei loro colleghi neonazi di Germania e altrove, secondo cui mai si deve mettere un centesimo a garanzia di quei dissennati che buttano via i soldi mandando prima in pensione la gente e pagando chi non fa niente, il risultato è che si resta bloccati.

I soli soldi veri che si vedono sono europei. Già oggi, senza bisogno d’inventare nulla che già non esista. Ci sono 3mila miliardi di liquidità a tasso negativo, cui si sommano 870 miliardi di maggiori acquisti di titoli. L’Italia recupera anche 11 miliardi che aveva perso per sua colpa. Questi sono i soli soldi veri. E sono tanti. E c’è un fondo salva Stati, Mes, che non va osteggiato, ma adattato.

Ma, c’è un ma: gli 870 sono utilissimi a tenere a bada lo spread, che altrimenti sarebbe alle stelle, ma coprono, per la parte italiana, poco più di un quarto del debito che sarà emesso da qui alla fine dell’anno. Quindi, ancora una volta, la Bce compra tempo che noi c’industriamo a buttare. E c’è un altro ma: i 3mila miliardi resteranno nell’iperuranio, saranno un acquedotto potente che passa sulla testa di scemi che fanno la danza della pioggia, ma non hanno attrezzato un rubinetto. Questa è la sostanza di quel che dice Draghi, che mi permetto di volgarizzare: i soldi agli Stati qui finiscono in rendite e non si vedono investimenti; i soldi ai privati dovrebbero darli le banche, le quali sì li prendono a tassi negativi, ma dovrebbero prestarli assumendosene il rischio, cosa che non faranno perché salterebbero; allora chiudiamo il cerchio e apriamo il rubinetto: i soldi vadano dalla Bce alle banche e dalle banche ai privati perché coperti da garanzia statale. Giusto. Necessario. Urgente.

Perché mentre chi era estremista delle aperture è diventato estremista delle chiusure, dimostrando di sapere fare solo l’estremista, il pericolo è che alla riapertura si trovino i morti dietro le saracinesche, che non riaprano perché asfissiati. Quindi avanti con le bombole, perché i costi di quello scenario sarebbero maggiori, visto che mancherebbero, in un solo colpo, sia la produzione di ricchezza che il gettito fiscale.

E nessuno dica che questo è un cambio d’indirizzo rispetto a quando si condannava il debito pubblico, perché averlo alimentato con spesa corrente resta un atto d’incoscienza che oggi costa moltissimo all’Italia: i tedeschi hanno soldi da prestare (pre-sta-re) alle aziende, noi li regaliamo a chi non lavora. Ora, però, un debito pubblico che garantisca quello privato è giusto, necessario e urgente. Non debito per accudire la recessione, facendola diventare depressione, ma per alimentare chi produce e deve riprendere a farlo.

Non lo capisce solo chi non vuole capirlo e raccogliere voti con la rendita della dissennatezza.


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