L’intervento di Mario Draghi su FT è già stato variamente commentato con accenti unanimemente positivi. Se per ora la sua proposta lascia sullo sfondo le modalità con cui garantire solidalmente la stabilità finanziaria e bancaria europea nel contesto di un forte incremento del debito pubblico, molto puntuale è invece l’indicazione delle finalità della maggiore spesa degli Stati.
Altro che Green Deal o altre costruttivistiche politiche della domanda pubblica. Gli Stati e, con il loro sostegno, le banche devono garantire la sopravvivenza delle attività produttive (di beni come di servizi) e dei rapporti di lavoro per come sono, senza occhiute selezioni tra buoni e cattivi, senza dirigistiche valutazioni sul loro impatto ambientale o sulla qualità delle loro relazioni industriali. Primum vivere! Gli effetti economici della crisi pandemica, paragonati a quelli di un conflitto armato su larga scala, sono così pervasivi e devastanti che innanzitutto è necessario mettere l’economia reale in condizione di resistere. Senza esitazione, perché la posta in gioco è la capacità di ripartire delle economie dell’Unione nel momento in cui gli scambi e la domanda globale riprenderanno a muoversi con la possibile conseguenza di nuovi assetti geoeconomici e geopolitici.
Un uomo di solida cultura liberale come Draghi arriva quindi a chiarire che non basta sostenere il reddito delle persone costrette alla inattività ma che si devono conservare i rapporti di lavoro in essere. Wathever it takes. Quindi, traducendo negli strumenti nazionali, cassa integrazione in deroga a qualunque lavoratrice o lavoratore anche delle più microscopiche attività perché la continuità delle imprese si realizza attraverso la conservazione di tutti i fattori produttivi, a partire dalle persone con le loro competenze ed esperienze. E a questo proposito l’unico indirizzo di politica pubblica potrebbero essere piani nazionali straordinari di alfabetizzazione digitale e di incremento delle professionalità innanzitutto concentrando in questa fase tutte le risorse dei fondi bilaterali ed erogandole con modalità semplici.
La giustificazione “liberale” è nel fatto che questa crisi dipende non dalla inefficienza dell’offerta ma da un fattore straordinario ed estraneo alle logiche di mercato. È in fondo la stessa ragione che motivò il governo italiano nel 2008, in presenza di un crollo improvviso della domanda globale dovuto alla crisi finanziaria, a chiedere all’Unione di poter utilizzare il Fondo Sociale, usualmente così mirato a “buoni” progetti, per un generalizzato sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro.
Le casse in deroga funzionarono perché furono erogate con semplicità e in prossimità attraverso la stretta collaborazione tra direzioni regionali Inps e Regioni. Quella esperienza, invero allora criticata da qualche élite, può oggi orientare analoghe modalità per raggiungere presto tutti i beneficiari. In fondo Draghi ci dice che più la recessione è grave ed estesa, più essenziale e generalizzata deve essere la risposta. Con buona pace dei dirigisti.