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I contractor russi fanno spesa in Libia. Non è clickbait, è geopolitica

Ci sono i russi in Libia? A quanto pare sì – altre prove su una presenza da mesi segnalata. Oggi il Libyan Observer, un media vicino al governo regolare di Tripoli, ha postato su Twitter un video girato a Jufra, Libia centrale, in cui si vedono delle persone in divisa fare spesa in un alimentari. Sembrano parlare con accento dell’Est europeo, e secondo quanto scritto dal media libico sarebbero “mercenari russi”.

In Libia ci sono contractor militari appartenenti a una società molto vicina al Cremlino, la Wagner, che sono stati inviati dal ministero della Difesa per assistere in via informale il signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar. Dovevano servire a dare la spallata finale nell’assalto che il capo-miliziano dell’Est ha lanciato contro la capitale – con l’obiettivo di rovesciare il governo internazionalmente riconosciuto e intestarsi il Paese come nuovo rais.

La loro presenza è segnalata da tempo – parliamo di almeno un paio di anni, da dopo che Haftar strinse con la Difesa russa un accordo di cooperazione a bordo della portaerei “Ammiraglio Kuznetsov” rientrante dalla Siria (testimonianza che per Mosca l’osmosi tra le due crisi è un affare pensato da tempo). Però queste forze non regolari da fine ottobre hanno iniziato a far sentire la loro presenza. Il fronte libico è modesto: secondo le informazioni dell’Onu sono schierati in tre turni giornalieri non più di mille miliziani per parte. E i mercenari inviati dal Cremlino sono elementi qualificati e molto ben equipaggiati. Fanno la differenza su un campo di battaglia in cui da una parta all’altra si spara spesso in ciabatte.

Il Cremlino ha sempre negato tutto, l’ha raccontata con una contro-narrativa: la presenza di quei militari era una fake news, eppure tutti ne parlavano. La questione è arrivata fino al Congresso americano  – aggiornato da briefing di intelligence che difficilmente sbagliano – aveva deciso nuove sanzioni contro la Russia per quell’interferenza militare. Sul campo in effetti se ne vedeva il risultato: Haftar aveva iniziato a spingere con maggiore successo. E poi erano successi due fatti: prima un drone italiano e dopo due giorni un altro americano sono stati abbattuti mentre sorvolavano aree attorno a Tripoli. Erano aerei che volano a diversi chilometri di altezza, e forse ad abbatterli è stato qualcosa di più di un jammer – ma forse non lo sapremo mai, perché i rottami pare che non sono stati ancora restituiti. Per Washington sono stati i russi, pochi dubbi.

Era fine novembre. Da lì in poi la presenza dei contractor è diventata meno evidente. C’è stato un coinvolgimento maggiore della Turchia, che è entrata di fatto nel conflitto mandando unità regolare e mercenari spostati dalla Siria (un’altra sovrapposizione tra i due piani) ad assistere le forze delle resistenza a Tripoli — in questi giorni l’intervento turco s’è fatto più consistente e sembra aver strappato la superiorità aerea al comparto haftariano (la cui coperture aerea è garantita dagli emiratini). Davanti ai russi si sono fatti da parte, diciamo così, o meglio la loro attività è diventata meno diretta. Secondo alcune fonti informate, al Cremlino ci sarebbe una doppia linea: la Difesa spinge il coinvolgimento attraverso proxy non ufficiali, dagli Esteri si chiede di frenare per evitare di finire invischiati in una nuova Siria (ancora, i due piani).

Oggi riappaiono, in sordina, al supermercato: impegnati a fare la spesa (un momento che in molte parti d’Europa è diventato l’unico socialmente attivo in mezzo alla crisi del coronavirus; a proposito, nel video si sente qualcuno tossire, che di questi tempi fa subito alzare le orecchie, anche perché la Libia tutta, a Tripoli e in Cirenaica, è in stato di allerta: se il virus dilaga non ci sono strutture sanitarie sufficienti).

I mercenari del Cremlino in Libia ci sono, ma non ci sono. Sono in una fase di attesa. Vladimir Putin è stato in grado di schierare un piccolo contingente fantasma che ha però spostato verso Mosca parte del piano inclinato delle decisioni. Se Tripoli un giorno finirà in mano ad Haftar, la Russia potrà presentare il conto per un’assistenza più che altro simbolica. Se Haftar perderà, Mosca giocherà su altri tavoli potendo negare di aver sostenuto il cavallo azzoppato.

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