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L’ha capito anche Erdogan: in Siria ha vinto Assad. La versione di Politi

In Siria ha vinto Assad e il vertice tra Erdogan e Putin è servito solo a fare una “verifica”, proprio nel momento in cui Ankara tenta di uscire dall’impasse giocando la carta dei profughi a Evros. Lo pensa Alessandro Politi, direttore della NATO Defense College Foundation, che scompone l’incontro di ieri tra i leader turco e russo per immaginare il nuovo scenario che tocca anche il dossier libico.

Assad non esce di scena, Erdogan esce sconfitto dal vertice con Putin?

Non credo che Erdogan seriamente pensasse di far uscire di scena Assad. Il momento in cui Assad avrebbe potuto essere cacciato era tra il 2011 e il 2012: ha tenuto duro, poi è arrivata “la cavalleria” iraniana e russa. Assad sa che ha vinto su un cumulo di macerie, anche se nessuno sa come riuscirà ora a riunire il Paese attorno a sé. Ma ha vinto e resta: non è più una scelta politica ma un dato di fatto. Per questa ragione Donald Trump ha tentato di ritirarsi dalla Siria.

Mosca e Ankara hanno superato le accuse reciproche per disegnare il controllo della regione?

Le accuse sono cose che si usano per cercare di spostare degli equilibri: in realtà i turchi più di tanto non possono proteggere Idlib e lo sanno. Basta guardare quanto è sottile la linea logistica che unisce Idlib al confine turco. I turchi hanno altro a cui pensare, come il fatto che i curdi, pur non avendo più la propria entità parastatale, non sono scomparsi. Il problema curdo dentro la Turchia aspetta ancora una soluzione, che Erdogan non ha voluto né potuto trovare.

Perché giocare adesso la carta migratoria a Evros?

Il fatto che si mandino dei profughi verso i confini europei è una manovra piuttosto estrema di cercare di uscire dall’impasse in cui Ankara si trova. Perfino l’Europa, con tutti i suoi difetti, si è trovata estremente compatta a Evros nel gestire la questione appoggiando senza esitazione i greci: cosa che non fece durante la crisi finanziaria. E al tempo stesso sta fronteggiando, in modo meno coordinato di quello che noi vorremmo, la questione del Coronavirus. Erdogan sa che l’obiettivo di far cadere Assad è finito da un bel pezzo.

Quante possibilità ha il corridoio di sicurezza lungo la strategica autostrada M4 nella zona di Idlib di restare tale?

Quando si decise di partecipare alla coalizione contro lo Stato Islamico, una parte rilevante di esso si trovava in Siria: e quello poteva essere uno degli elementi per indebolire il governo siriano. Oggi semplicemente non è così, ci sono altri capi e soprattutto il controllo del territorio sull’asse fondamentale di comunicazione logistica della guerra, ovvero tra i porti del Mediterraneo e Damasco, i siriani lo controllano. Così come hanno ripreso il controllo di molte altre città periferiche in pieno deserto e quindi con molti meno abitanti.

Qual è adesso il nodo?

La ricostruzione del Paese, che i russi vedono in termini di contratti. Sullo sfondo il tema relativo alla leadership di Assad, che ha fallito un grande appuntamento: ha vinto ma la sua corte ha fallito una mediazione pacifica con le proteste del 2011. Del resto l’unico governo che ci è riuscito, a onor del vero, è quello marocchino, mostrando capacità politiche.

L’asse Russia-Turchia dopo il vertice di ieri mostra più limiti o più sviluppi?

Siamo ancora legati a geometrie euclidee, come asse e triangoli, che sono di fatto stati sostituiti da rapporti più fluidi e basati sul momenti. Ieri è stato raggiunto un accordo che, verosimilmente, durerà il tempo che durerà. L’intesa complessiva Turchia-Russia-Iran reggerà fino al sopraggiungere di nuovi problemi. Se una cosa del genere fosse avvenuta in Italia l’avremmo chiamata “verifica di governo”. Putin e Erdogan ieri hanno fatto esattamente così. Gli iraniani non ne hanno bisogno oggi, domani si vedrà.

Mosca intanto aumenta la quota sulle importazioni di pomodori dalla Turchia, da 150.000 a 200.000 tonnellate all’anno: la chiave di volta in Siria sarà commerciale?

Hanno raggiunto un accordo chiaramente fluido e di convenienza, tutti hanno reciproche memorie, tant’è vero che i russi hanno ricordato ai turchi il Trattato di Santo Stefano, mentre gli italiani nonostante abbiano una storia millenaria spesso se ne dimenticano.

Che riverberi potrà avere l’accordo su altri fronti complementari, come Libia e dossier energetico?

Il caso siriano vede un interesse forte di entrambi, mentre in Libia dal punto di vista russo ha implicazioni molto minori. I russi lì giocano a sparigliare, facendo il cavallo di Troia nel gruppo dei sostenitori di Haftar.

twitter@FDepalo


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