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È ora di proteggere l’economia (con intelligence). I consigli di Urso al governo

La sicurezza non va in quarantena. Anzi, spiega a Formiche.net Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e vicepresidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), è proprio in un’emergenza come quella del coronavirus che il Paese è più esposto e richiede uno scudo protettivo. Un compito fondamentale per Palazzo Chigi, che però è già in prima linea sul fronte sanitario. Per questo, dice Urso, parlare ora di autorità delegata non è una provocazione, è una necessità.

Senatore Adolfo Urso, sembra che il governo voglia estendere il golden power ai settori bancario e assicurativo.

Giusto così, noi diciamo da dieci giorni che doveva essere ampliato, anche alla Borsa Italiana, la Consob da sola non basta. Certo, aspettiamo di vedere, perché manca il decreto attuativo.

Si discute di un ruolo di Cdp a sostegno delle aziende in crisi, a partire da quelle quotate.

Oggi Cdp non può agire a difesa delle aziende in crisi. Può farlo Invitalia, che è interamente di proprietà del Tesoro ed è già intervenuta in situazioni di crisi come Alitalia, Ilva, Bagnoli. Ma le grandi aziende strategiche che hanno subito un crollo della capitalizzazione giovedì scorso non sono in crisi, sono minacciate, e dunque rientrano nel perimetro di Cdp.

Il modello può essere quello della Kwf tedesca?

Per ora alle aziende italiane serve una cifra di molto inferiore. Peraltro stanziare i soldi non significa usarli. È una forma di deterrenza, come un’arma atomica. O come il celebre bazooka di Draghi.

Intanto la Bce è tornata sui suoi passi, e ha annunciato uno stanziamento da 750 miliardi di euro.

Meglio tardi che mai. Temo che molti buoi siano fuggiti dalle stalle. Non basta cambiare meccanismo, l’Europa ha bisogno di un cambio di paradigma, deve puntare sugli investimenti, sullo sviluppo delle sue filiere produttive. Serve, anche in Italia, un ripensamento su quali siano gli asset strategici. Siamo sicuri che oggi non siano strategici per il Paese l’automotive, l’approvvigionamento alimentare, la sicurezza sanitaria, gli ospedali?

Che idea si è fatto del decreto “Cura-Italia”?

Presenteremo alcuni emendamenti. Tra i primi interventi c’è quello sull’aggiornamento della normativa sul procurement della Pa per il cloud chiesto dal ministro Paola Pisano, che ha sostituito i bandi con una procedura negoziata con i fornitori. Bisogna subordinare questa negoziazione a un criterio di sicurezza, sulla scia delle coordinate tracciate dal Copasir. Chi avrà in mano il cloud deve essere un soggetto affidabile.

Un cloud sensibile è anche quello sanitario. Il presidente Xi Jinping ha proposto a Conte una nuova “Via della Salute”. Oltre alle opportunità c’è anche qualche rischio?

Certo, i dati delle cartelle sanitarie sono sensibilissimi, e non a caso sono sottoposti a un severo regime di privacy. Non permettiamo che l’emergenza sanitaria apra le porte a un cavallo di Troia, tanto più di Paesi che hanno dimostrato di non tenere in conto né la privacy né la salute dei propri cittadini.

Secondo lei dietro la partita degli aiuti umanitari cinesi c’è anche quella per il 5G a Huawei?

La nostra posizione è semplice, e speriamo sia quella del governo. Ben venga qualsiasi forma di aiuto, purché non sia accompagnata da contropartite sui dati sensibili, in un momento di oggettiva debolezza del Paese. Su questo il Copasir, che è un comitato bipartisan, è compatto, e trova nel suo ex presidente e ora ministro della Difesa Lorenzo Guerini un interlocutore nel governo.

Oltre agli emendamenti, c’è una legge di cui è firmatario che vuole rivoluzionare la sicurezza nella Pa. Ci spiega come e perché?

L’idea alla base del disegno di legge che ho depositato il 5 marzo è potenziare la cultura della sicurezza nelle istituzioni. Anzitutto facendo seguire alla relazione annuale sulla sicurezza dei Servizi un iter parlamentare, per non perdere un prezioso patrimonio di informazioni. Dopo la discussione in aula alla Camera e al Senato, il Parlamento vota delle risoluzioni fornendo le indicazioni per metterle in atto al governo, che ha due mesi per presentare una legge annuale sulla sicurezza, un po’ come con la legge annuale sulla concorrenza.

Guardate anche al modello francese?

A quel modello si rifanno in parte le nostre proposte per rafforzare l’intelligence economica a Palazzo Chigi. Anzitutto nel Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica, ndr), portando la cultura dell’intelligence economica all’interno della programmazione. Poi con un rinnovato Cisr (Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica) cui partecipino anche i ministri dei Trasporti e dell’Università.

Perché coinvolgere anche le università?

La cultura dell’intelligence non può che partire da qui. Per questo chiediamo l’istituzione di due tavoli istituzionali. Uno per gli enti universitari. L’altro per le imprese, dove possono essere convocati i principali attori del sistema economico come Confindustria, Abi, ma anche autorità come Consob per uno scambio di idee e di informazioni, ovviamente con tutte le precauzioni del caso, con l’intelligence.

Urso, nella legge si parla di autorità delegata. Siete ancora dell’idea di privare il premier della delega ai Servizi?

Su questo punto siamo netti: il premier non può tenere per sé la delega. Se la legge sarà approvata, dovrà delegare a un membro del governo, preferibilmente un ministro senza portafoglio o un sottosegretario.

Anche in un momento di emergenza come questo?

Soprattutto in un momento come questo. È in situazioni emergenziali come quella che stiamo vivendo che la delega si rende necessaria. Come ha giustamente chiamato un commissario per l’acquisto dell’equipaggiamento medico, così Conte potrebbe affidare la delega a un’autorità che segua da vicino le importanti scadenze delle prossime settimane.



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