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Solidarietà europea e aumento del debito. La ricetta anti Covid-19 di Nelli Feroci

Solidarietà, misure economiche e meno polemiche. Così si esce dalla crisi Covid-19 secondo Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai e diplomatico di carriera, che affida a Formiche.net la sua analisi partendo dal Consiglio europeo di ieri.

Il premier Giuseppe Conte batte i pugni sul tavolo di Bruxelles, rigettando la bozza conclusiva del Consiglio europeo: è troppo tardi?

Si tratta di una dinamica non nuova. Abbiamo già assistito a questi scontri-confronti anche nei momenti più difficili della crisi economica e finanziaria. Le rispettive posizioni restano distanti e gli schieramenti, che sono quelli ben noti.

Il no di Germania e Paesi Bassi rischia di compromettere l’intero sistema, visto che non c’è la crisi di un solo Paese come fu con il caso greco ma di tutto il mondo?

C’è il fronte nordico che resta contrario ad ipotesi di mutualizzazione dei debiti ed il fronte meridionale che insiste per ottenere almeno un’apertura politica su tale principio. Ma con due differenze rispetto al 2008-2009. Questa volta siamo in presenza di uno shock simmetrico che colpisce, pur con intensità diverse, tutti i Paesi dell’eurozona. Dieci anni fa invece vi erano alcuni Paesi sotto l’attacco della speculazione e altri no. La seconda differenza è che se nel 2008 si poteva parlare di responsabilità di singoli Paesi per una condotta sconsiderata della propria finanza pubblica, questa volta siamo in presenza di un evento che non chiama in causa responsabilità nazionali, in quanto di portata epocale, è destinato a lasciare tracce profondissime. Ad di là dei risultati che si stanno ottenendo nel contenimento del contagio, quanto sta succedendo non è imputabile ai singoli governi. Ciò mi fa sperare che possa maturare una migliore consapevolezza della gravità della sfida e anche della necessità di disporre di strumenti comuni, oltre a quelli che sono già stati adottati.

La complessità del dibattito in Europa è anche figlia delle parole di Mario Draghi al Ft?

Draghi ha espresso preoccupazioni legittime e formulato raccomandazioni certamente condivisibili, ma in qualche modo già prese in conto nelle decisioni che sono state adottate. Quando la Commissione propone, e il Consiglio decide, di sospendere i vincoli del Patto di Stabilità per consentire a tutti di fare più debito vuol dire che si era già consapevoli che da questa crisi si può uscire solo con un aumento del debito pubblico e privato. E Draghi ha insistito non solo sulla componente pubblica di questo debito addizionale, ma anche su quella privata, chiamando in causa il ruolo delle banche. Il Consiglio europeo di ieri, come era prevedibile, non è stato in grado di trovare un accordo sulla ipotesi di uno strumento comune del debito. Ma d’altra parte non era immaginabile che nel giro di 24 ore la richiesta di otto firmatari potesse essere presa in considerazione e adottata.

Quale il prossimo passo dunque?

Sarebbe già un passaggio significativo se si riuscisse nel prossimo Eurogruppo a chiedere alla Commissione uno studio di fattibilità su uno strumento comune di debito, che ci consenta di uscire dalla genericità del dibattito attorno agli eurobond e perimetrarli meglio. Uno studio che consenta di chiarire alcuni aspetti problematici: quale istituzione dovrebbe emetterli? Chi dovrebbe garantirli? A cosa dovrebbero servire? Per coprire quali spese? Come dovrebbero essere distribuiti?

Donald Trump col consenso dei democratici in 48 ore ha varato le misure. L’attendismo dell’Ue potrebbe esserci fatale?

L’Europa ha adottato già alcune iniziative che considero importanti, come l’aumento massiccio da parte della Bce dell’acquisto di titoli pubblici e privati. Si tratta di 750 miliardi che si sommano a quelli già disposti. C’è inoltre la decisione sempre della Bce di non porre limiti nella distribuzione tra gli stati membri che chiedono l’acquisto di titoli. Molto importante è stata anche la decisione di sospendere le regole del Patto di Stabilità. Poi ci sono i singoli stati che si stanno muovendo sul proprio piano nazionale. Qui però c’è un problema: chi non ha la zavorra di un debito pubblico alto può ovviamente dispiegare un maggiore volume di misure rispetto a quanti, invece, hanno un debito alto come accade all’Italia. Occorrerebbe quindi anche uno sforzo che consenta a tutti di uscire dalla fase emergenziale per avviare la fase della ricostruzione su basi omogenee, per impedire che la crisi aumenti le divergenze fra Stati membri che già ci sono.

Come giudica la presenza in Italia di decine unità delle forze armate russe?

Avrei preferito che l’assistenza medico-umanitaria russa fosse stata praticata da personale civile e non militare. La Cina in questo senso si è mossa in modo più accorto e intelligente. Vedere voli, camion militari e personale in mimetica russi in giro per l’Italia certamente è un qualcosa che lascia perplessi. C’è da chiedersi per quale motivo queste forme di assistenza, che sono ovviamente benvenute, non siano state disposte con strumenti civili.

Crede ci siano state interferenze cinesi sul Covid?

Bisogna essere molto prudenti nell’affrontare notizie non verificate. Abbiamo letto di tutto e di più in questi giorni, come risultato della competizione fra Cina e Usa sul dove si sia originato il virus. Io direi che i fatti sono relativamente semplici: il virus si è originato in Cina e nulla ci fa ritenere che sia stato il risultato di un disegno machiavellico. La Cina ha reagito tardi, ma quando lo ha fatto è stata efficace ed efficiente, facendo anche scuola, ci piaccia o meno. Tutti stanno seguendo il modello cinese, con la chiusura e l’isolamento per fermare il contagio. Al di là delle polemiche, che trovo poco utili, mi auguro che si possa con la Cina instaurare un rapporto di collaborazione dal momento che sono molto avanti nel campo delle biotecnologie, della ricerca scientifica su terapie e vaccini.

twitter@FDepalo

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