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Stop alle importazioni dallo Xinjiang. Gli Usa presentano il conto alla Cina

Vietare le importazioni negli Stati uniti dallo Xinjiang. La proposta è di Jim McGovern, deputato democratico del Massachusetts molto influente. È presidente del Rules Committee della Camera dei rappresentanti e co-presidente della Commissione del Congresso che si occupa di Cina e diritti umani. A guidare quest’ultimo organismo con bipartisan lui è Marco Rubio, senatore repubblicano della Florida. Assieme i due presenteranno la prossima settimana una legge che va sotto il nome di Uyghur Forced Labor Prevention Act.

Come ha spiegato lo stesso McGovern pochi giorni fa via Twitter, la decisione, già al vaglio delle autorità statunitensi, ha subito una forte acccelerazione dopo la pubblicazione di un report dell’Australian Strategic Policy Institute che racconta le condizioni di vita delle minoranze musulmane in quell’area della Cina, diventata ancora più strategica con l’apertura della Via della seta, come raccontato da Formiche.net: rieducazione, lavori forzati e sorveglianza, queste le condizioni in cui vivono gli uiguri, si legge nel rapporto intitolato Uiguri in vendita. Ha scritto Axios che con questo report gli Stati Uniti hanno lo strumento per combattere lo sfruttamento nello Xinjiang.

IL RAPPORTO ASPI

Ecco la sintesi di quel documento secondo Giulia Pompili, giornalista del Foglio che cura la newsletter Katane su Asia e Pacifico: “Più di 80.000 uiguri, la minoranza etnica dello Xinjiang, sono stati dislocati forzatamente in tutta la Cina per lavorare nell’industria tessile a bassissimo costo. Le fabbriche in questione producono prodotti per 83 marchi globali, tra cui Apple, Nike, Gap e Sony”.

Questo è l’elenco dei gruppi coinvolti, nessuno dei quali è stato in grado di escludere completamente un collegamento con quell’area nella supply chain.

  • Tecnologia: Acer, Apple, Amazon, ASUS, Cisco, Dell, Founder Group, General Electric, Google, Hisense, Hitachi, HP, HTC, Huawei, iFlyTek, Japan Display Inc, Lenovo, LG, Meizu, Microsoft, Mitsumi, Nintendo, Nokia, Oculus, Oppo, Panasonic, Samsung, Sharp, Siemens, Sony,Toshiba, Tsinghua Tongfang, Vivo, Xiaomi, ZTE.
  • Abbigliamento: Abercrombie & Fitch, Adidas, Calvin Klein, Carter’s, Cerruti 1881, Fila, Gap, H&M, Hart Schaffner Marx, Jack & Jones, Lacoste, L.L.Bean, Li-Ning, Nike, The North Face, Polo Ralph Lauren, Puma, Skechers, Tommy Hilfiger, Uniqlo, Victoria’s Secret, Zara, Zegna.
  • Beni di consumo: Bosch, Electrolux, Haier.
  • Autovetture: BMW, BAIC Motor, Changan Automobile, GAC Group, Geely Auto, General Motors, Jaguar, Land Rover, Mercedes-Benz, MG, Mitsubishi, Roewe, SAIC Motor, SGMW, Volkswagen.
  • Altri: Alstom, Bombardier, BYD, Candy, CRRC, Mayor

LO SCONTRO USA-CINA

Lo scontro tra Stati Uniti e Cina attorno allo Xinjiang ricorda quello su Hong Kong. Tanto che il Global Times, organo della propaganda di Pechino, aveva invitato il governo a negare i visti ai deputati e diplomatici statunitensi decisi a verificare le condizioni di vita nella regione nord-occidentale. Il tutto dopo l’approvazione da parte del Congresso di Washington e del presidente Donald Trump, tra novembre e dicembre, di due provvedimenti. Il primo è la norma Hong Kong Human Rights and Democracy Act approvata con votazione bipartisan dal Congresso per sostenere la protesta pro democrazia a Hong Kong. Il secondo è la legge chiamata Uyghur Human Rights Policy Act, presentata dal senatore Rubio, che prevede “sanzioni mirate” per le autorità cinesi responsabili di “detenzione arbitraria, tortura e molestie” ai danni dei musulmani uiguri in Cina.

LA PROPAGANDA ALLE NAZIONI UNITE

Soltanto ieri Formiche.net raccontava lo strano caso del Palazzo delle Nazioni di Ginevra: come possono le Nazioni Unite permettere al governo cinese di organizzare una mostra nella loro sede nella città svizzera in cui si negano le attività di “trasformazione” etnica nella regione denunciate non soltanto da svariate organizzazioni per i diritti ma perfino delle stesse Nazioni Unite?

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