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Questa non è vita. Le teorie di Sgarbi e il “capravirus” che attanaglia l’Italia

Lui lo chiama “capravirus”. Lo sforzo di fantasia non è eccessivo. È lui: Vittorio Sgarbi. A nuotare controcorrente si trova sempre a suo agio. E, anche questa volta, nel maremagnum di paura, contagi e untori, è dall’altra parte della barricata. Non accetta il mainstream che vorrebbe “tutto chiuso e sprangato” per colpa di un virus “che non ci viene a cercare bensì che cerchiamo (e creiamo noi)”. Ormai da tempo Sgarbi sta conducendo un vera e propria crociata che più che politica definisce “di buonsenso”.

Richiamando gli ormai tornati famosissimi capitoli de “I promessi sposi” nei quali il Manzoni parla della peste, intervistato da Formiche.net Sgarbi manzonianamente si pone “dalla parte del buonsenso che c’era ma se ne stava ben nascosto per paura del senso comune”. Per il critico d’arte più famoso d’Italia è comprensibile che la parte più inaccettabile del decreto della presidenza dei ministri per contenere l’emergenza sanitaria da Codiv-19 sia la chiusura di mostre, musei, cinema e teatri. Ma – ed è questa la parte che in assoluto più gli interessa – “neanche i virologi sono concordi sulla reale identità, aggressività e gravità di questo coronavirus”. Eppure “la convergenza – dice Sgarbi – la si trova quando tutti i medici sostengono che il coronavirus non sia altro che un’influenza che può portare al massimo ad una polmonite, ma che non ha effetti mortali”.

Insomma “si è creato un allarme per una semplice forma di raffreddore che peraltro io ho tutto l’anno. La mia non è la negazione del virus, ma la considerazione della sua sostanziale uguaglianza con quelli precedenti per cui non ci è creato il panico”. Per quanto riguarda l’escalation di contagi il critico d’arte ha le idee chiare: “È in corso una campagna sistematica per cercare il virus: ad oggi mi pare che siano stati fatti oltre quarantamila tamponi. Più si alza il numero di tamponi, più si alza il numero di persone che potenzialmente possono essere contagiate”. Il danno più grande però è da ravvisare nel fatto che “questo governo di incapaci ha determinato una condizione di vita assolutamente inaccettabile”.

D’altronde a detta di Sgarbi “la coglionata più grande è stata chiudere le scuole e fermare la cultura”. L’attacco, neanche troppo velato, riguarda il tipo di comunicazione, oltre che di provvedimenti, che il governo ha preso per tentare di arginare l’emergenza sanitaria. “Cosa ci si può aspettare da uno come Rocco Casalino? È inaccettabile che un Paese sia nelle sue mani”. La speranza è che cambi il tempo. In tutti i sensi. L’auspicio è aprile, anzi maggio. “Si dice che il coronavirus soffra il caldo – dice il critico – e allora non possiamo che aspettare che arrivino i mesi primaverili per vedere terminata questa follia”.

Nel frattempo, la ricetta Sgarbi è quella di “fare in modo che il virus senta il caldo dentro di noi e non riesca ad attecchire: come per il raffreddore, occorre ad esempio bere the caldi e infusi. Una autoterapia contro virus e idiozie”. Sebbene anche per lo stesso critico d’arte sia difficile fare una stima complessiva di tutti i danni che queste chiusure provocano al settore della cultura articolato su mostre, teatri, musei ed esposizioni, Sgarbi si dice sicuro che “chi perderà maggiormente sarà Ferrara, la mia città d’origine. Hanno speso quasi un milione di euro per organizzare la mostra di De Nittis al palazzo dei Diamanti e, sicuramente, di questo passo non riusciranno a recuperare neanche duecento mila euro”. Ancora una volta, Sgarbi si conferma un assiduo sostenitore della difesa dell’indifendibile. Walter Block insegna.



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