Macron è Macron. Nessuno come lui. Né in Francia, né nel resto d’Europa. Giovedì sera ha parlato alla nazione. Non ha detto niente di diverso di ciò che si prevedeva. Con colpevole, riprovevole ed irresponsabile ritardo ha annunciato misure di prevenzione per contenere il contagio.
Tutta roba scontata e un po’ all’acqua di rose. Niente a che vedere con quanto si sta facendo in Italia. La solita Italia, le cui frontiere dovevano essere sigillate, secondo la sovranista madame Marine Le Pen soltanto qualche settimana fa. Noi siamo “scandalosi” sempre per i francesi ed i tedeschi. Ma quando c’è da copiarci non badano alla loro grandeur e producono degli scarabocchi che fanno ridere. Sciovinisti? Ebbene sì, almeno per una volta, ci autoaccusiamo di un peccato poco ricorrente dalle parti nostre, contro chi si arroga il diritto di dare pagelle piuttosto che esprimere solidarietà, come hanno fatto i vicini d’Oltralpe. Ma perché c’è ancora chi li ritiene nostri “cugini”, quando ci siamo imparentati? Forse si allude ai legami con Napoleone, con Caterina de’ Medici, con Mazzarino? Contingenze irrilevanti, quasi tutti si sono poi rivoltati contro l’Italia e l’italo-còrso ne fece uno spezzatino a beneficio di ognuno dei suoi familiari, perfino di quel Murat che non era un genio di statista, elevato a re di Napoli (che sconcio!) e relegato dai suoi connazionali, post-mortem, al Père-Lachaise, come un intellettuale borghese qualunque o un martire della Comune di Parigi, neanche una tomba aristocratica, che diamine!
Macron, dunque, dopo averci snobbato, ha provato a copiarci. Non sappiamo se riuscirà nell’intento. Non mi pare che nel suo cahier d’ordinance abbia menzionato la chiusura della imponente ed affollatissima metropolitana: se non si comincia da lì, il resto conta poco. È il più grande focolaio di contagio, come può capire chi ci è stato anche una sola volta. E non basta dire che con le scuole chiuse e dei mini-blocchi il problema verrà arginato. Gli oltre duemila contagiati diventeranno in una settimana almeno ottomila e via di questo passo…
Fatti loro? No, fatti anche nostri, fatti di tutti perché il virus non conosce frontiere, quelle che, piacciono tanto alla Le Pen e forse anche a Macron. Il quale è talmente appassionato difensore della “normalità” che domenica prossima farà celebrare le elezioni municipali come se niente fosse (tra l’altro si rinnova il sindaco di Parigi, con quali esiti è difficile pronosticarlo dopo, la porno-pochade che ha coinvolto l’uomo di punta del presidente che correva per conquistare l’Hotel de Ville).
Milioni di cittadini si recheranno alle urne il 15 marzo e poi ancora per il secondo turno tra quindici giorni, quando ci sarà presumibilmente la piena del coronavirus, come gli epidemiologi prevedono. Come si spiega? Con la filosofia macroniana: “Trovare il giusto equilibrio tra la prudenza e la continuità dello Stato”. Glielo auguriamo di tutto cuore, ma crediamo pure che sarà difficile che l’auspicio si realizzi quando il Paese diventerà – e ci dispiacerebbe sinceramente – un lazzaretto come è diventata l’Italia purtroppo.
Il voto è un diritto che va democraticamente esercitato, non c’è dubbio. Ma se le consultazioni fossero state spostate di un paio di mesi, la Francia avrebbe ammainato forse i suoi gloriosi vessilli rivoluzionari, giacobini, laici e libertari? Non crediamo. Crediamo piuttosto che Macron e la classe politica francese non abbiano ancora compreso – e ciò è davvero sorprendente – che cosa sta accadendo in Europa ed altri Paesi. La Pandemia forse è stata rimossa dai loro dizionari, ma almeno ricordassero ciò che il dottor François Salachas, medico all’ospedale Pitié-Salpetrière disse a Macron in visita al nosocomio il 27 febbraio scorso: “Signor presidente, lei può contare su di noi, ma l’inverso resta da provare”.
Ecco, quella frase è stata riesumata dai giornali francesi in queste ore, è ricordata da medici, infermieri, epidemiologi, oltre che da tutti coloro che denunciano gli scarsi mezzi adottati per fronteggiare il coronavirus (mascherine, tamponi, rianimazioni, ventilatori, tute, ecc.).
Macron guarda al risultato di domenica. E spera di vincere in tutta la Francia. Ma tra quindici giorni sarà la Francia a perdere se il comportamento del suo presidente dovesse continuare ad essere così blando di fronte ad una semi-apocalisse che non si sconfigge con le parole e le facili rassicurazioni.