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Bonomi, ritratto di un sindacalista d’impresa (al tempo del coronavirus). Scrive Sacconi

Carlo Bonomi, confermando le previsioni, sarà il futuro presidente di Confindustria. Il suo successo è stato tuttavia così ampio da consentirgli di formare una squadra nuova ed efficiente senza i condizionamenti che sono determinati dalle vittorie su misura.

Egli ha già enunciato due ragioni fondamentali del suo impegno. In primo luogo, la riapertura in sicurezza delle attività perché lavoro e salute sono entrambe bisogni primari e insopprimibili della persona. L’Italia ha le capacità per coniugare la tutela dei lavoratori e la ripresa delle attività come stanno già facendo i nostri principali competitori. D’altronde, in questi mesi, alcune filiere hanno continuato a produrre in quanto considerate essenziali per l’interesse nazionale e i loro protocolli di sicurezza hanno dato buona prova.

Il governo e la sua task force farebbero bene a mutuare da queste esperienze concrete la regolazione speciale per l’attività produttiva al tempo del contagio. E soprattutto dovrebbero finalmente garantire la effettiva disponibilità di dispositivi di protezione individuale e di test diagnostici per monitorare tutti coloro che hanno relazionalità.

Certo, con le maggiori aperture, si porrà anche l’esigenza di correlare la rarefazione delle presenze nei mezzi pubblici di trasporto con gli orari di lavoro, ferma restando la possibilità delle prestazioni da remoto quando se ne confermi la oggettiva efficienza.

Connessa con la ripartenza è la esplicita polemica del futuro presidente verso quei settori sindacali che alimentano il pregiudizio nei confronti dell’impresa, a partire dall’accusa di una presunta insensibilità alla tutela della salute dei collaboratori. Sarebbe anzi necessaria una esplicita norma per esimere l’imprenditore da ogni responsabilità penale, civile o amministrativa quando le regole sono correttamente adottate ed efficacemente attuate. Questa favorirebbe solo un clima di attenzione sostanziale alla sicurezza in luogo dei tradizionali adempimenti formali.

Significativa infine è la richiesta che Bonomi rivolge al governo per una politica della liquidità delle imprese non affidata al loro ulteriore indebitamento. Come suggeriscono l’ex ministro Tria e l’ex direttore di Confindustria Parisi con il manifesto lanciato oggi, la soluzione potrebbe consistere nella compensazione da parte dello Stato, a fondo perduto, del minore valore aggiunto determinato dall’obbligo del blocco della produzione per ragioni di pubblica utilità. Una sorta di risarcimento come nel caso di un esproprio.

Insomma, gli imprenditori sembrano avere trovato un vero sindacalista delle loro buone ragioni nel momento difficile in cui si sommano i pericoli pandemici con quelli delle culture politiche ostili al mercato.

 



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