“Non possiamo non pensare al futuro: se ci aspettiamo nuove ondate dobbiamo muoverci per tempo”. Con queste parole Fabio Piazzalunga, direttore generale di Menarini Diagnostics, la più grande azienda italiana nel mercato della diagnostica in vitro, spiega a Formiche.net come si potrebbero affrontare i mesi che l’Italia si trova di fonte. La lezione da imparare dal Covid-19? “Troppa burocrazia, troppa centralizzazione e poca rapidità nelle decisioni: meglio una decisione imperfetta prima che una esattamente giusta troppo tardi”.
Facciamo un punto su questo Covid-19. Qual è la situazione in Italia, e qual è la situazione nel mondo? Cosa ci dobbiamo aspettare?
In questo momento l’Italia sta andando verso una maggiore organizzazione rispetto all’emergenza, e quindi anche verso una risposta organizzata in termini diagnostici. Su tutto il territorio nazionale stanno predisponendo maggiori laboratori per effettuare i test e, al contempo, c’è maggiore disponibilità di test diagnostici da parte della aziende. Per cui la risposta oltre ad essere organizzata, diventa anche più veloce.
E negli altri Paesi europei?
Sostanzialmente possiamo dire che sta avvenendo la stessa cosa in Europa, anche se stanno venendo fuori i risultati delle politiche e delle misure adottate da ciascun Paese. Ci sono realtà che hanno saputo rispondere meglio, altri molto bene, altri meno. Di certo possiamo dire che un alto numero di test soprattutto nelle fasi iniziali ha consenti un tracciamento ad alta definizione del fenomeno.
Ieri il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri ha detto che torneremo alla normalità solo quando avremo un vaccino per il Covid-19. Ma come sappiamo, sebbene ci stiano lavorando in molti, un vaccino non potrà essere disponibile prima di un anno. Cosa ne pensa?
Come dice Ricciardi vivremo un periodo di nuova “a-normalità” e in questa fase sarà fondamentale avere una capacità rapida di identificazione di eventuali nuove ondate di contagio.
E come?
Bisogna intanto predisporre un’organizzazione della gestione delle eventuali ondate che sia efficace e al contempo la disponibilità degli strumenti necessari per poterlo fare. Secondo noi è necessaria una decentralizzazione dei punti dove verranno effettuati questi test. Se possiamo indicare, anzi, una delle cause del problema che abbiamo vissuto in Italia, vi è senza dubbio l’eccessiva centralizzazione che ha determinato un altissimo livello di contagio nelle strutture coinvolte.
Abbiamo parlato per mesi di tamponi e dell’impegno che questi richiedono sia da un punto di vista delle tempistiche che di risorse umane. Oggi invece offrite uno strumento di diagnosi che impiega solo 20 minuti. Come funziona, e perché è così importante?
Abbiamo strutturato una risposta diagnostica su tre livelli, l’ultima è questa che prevede di partire dalla stessa tecnologia del tampone, che è ovviamente la più accurata nell’identificazione di eventuali contagi, e renderla più semplice e breve. Come funziona, dunque? Una volta prelevato il campione naso o orofaringeo, questo viene inserito in un flaconcino contenente un liquido e agitato. Il suo contenuto viene poi versato in un altro flaconcino, contenente il reagente che, una volta richiuso, viene inserito all’interno del sistema che effettua l’analisi. Entro venti minuti si ha il risultato. I punti di forza sono non solo la rapidità, ma anche il fatto che lo strumento non necessita di alcun tipo di manutenzione ed è completamente automatico: una volta che l’operatore sanitario ha inserito il campione al suo interno, deve solo schiacciare un bottone e, mentre attende i venti minuti necessari per il risultato, può svolgere qualunque altra attività.
Sarebbe plausibile, o auspicabile, utilizzarlo per tutti gli italiani?
Per questo ci attendiamo alle indicazioni e alle linee-guida dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute. Senza dubbio avere a disposizione tecnologie che consentono un’accurata individuazione, ma in maniera semplice e rapidissima, del Covid-19 consente di portare questi test anche in luoghi dove normalmente non arrivano e, dunque, quella decentralizzazione così importante di cui parlavamo prima.
Posso chiederle quanto tempo ci è voluto per svilupparlo?
Lo sviluppo della piattaforma era già avvenuta precedentemente: eravamo in contatto con l’azienda produttrice da tempo per un utilizzo relativo alle varie casistiche influenzali. Poi abbiamo concordato con l’azienda di trasferire tutte le risorse per il Covid-19 e a febbraio sono partite le attività di ricerca e sviluppo con la collaborazione del ministero della Salute e del governo di Singapore, che ci ha permesso uno sviluppo del prodotto in tempi rapidissimi.
Nel nostro Paese non si parla molto di diagnostica, se non fra addetti ai lavori. Quali passi avanti sono stati fatti negli ultimi anni? L’Italia può essere considerato un Paese all’avanguardia nel settore?
Abbiamo aziende che rappresentano un’eccellenza in alcuni segmenti di mercato. Negli ultimi giorni vediamo e sentiamo parlare di soluzioni diagnostiche ormai su ogni canale e credo che questo possa far bene al comparto e far capire al ministero della Salute e al governo quanto la diagnostica sia importante in alcuni frangenti perché consente di intervenire prima su problemi che, dopo, diventano molto più grandi.
Prevenire anziché curare, insomma…
Esatto, questo è fondamentale.
Sono molte le aziende farmaceutiche che hanno deciso di dare una mano al Paese con i propri mezzi. Voi in particolare state donando 5 tonnellate di gel disinfettante alla settimana (quantità in aumento, che arriverà a 15) a ospedali e strutture sanitarie. Un dramma che sta tirando fuori una grande solidarietà, insomma, qui in Italia e non solo…
Il nostro gruppo si è sempre contraddistinto per una grande attenzione alle questioni etiche. Non a caso, sin dall’inizio abbiamo deciso di convertire parte della nostra produzione in quella di gel disinfettante da donare alla Protezione civile. Questo indica un’attenzione molto importante da parte del nostro gruppo che viene maggiormente fuori in momenti importanti come questo.
Sappiamo che i vostri dipendenti stanno dando una grande mano, conferma?
Assolutamente, ci tengo anzi a sottolineare l’impegno dei nostri dipendenti, che ringrazio, perché hanno dimostrato sin dal primo momento la voglia di stare accanto al Paese e al sistema sanitario dando un contributo con la propria esperienza, sena fermarsi un attimo, senza mai tirarsi indietro. Perché loro sanno, come noi sappiamo, che il virus non va a dormire, né riposa il sabato o la domenica. Per cui, se noi ci fermiamo, lui guadagna terreno. E per questo abbiamo deciso di non fermarci e, tra l’altro, di aiutare varie regioni, come abbiamo già fatto, ad allestire da zero i laboratori di diagnosi covid-19 ne minore tempo possibile.
Mai come in questo momento abbiamo toccato con mano l’importanza della ricerca. Che ruolo ricopre il nostro Paese e quali passi abbiamo fatto negli ultimi anni?
Il nostro Gruppo ha senz’altro incrementato le attività di ricerca, talvolta anche qndando controcorrente. Crediamo infatti che all’interno del nostro Paese ci siano competenze e capacità di altissimo livello. Noi ad esempio abbiamo realizzato tutta una serie di attività di ricerca legata a quella che viene chiamata biopsia liquida, praticamente la frontiera diagnostica che possiamo definire diagnostica di precisione.
Ci spieghi meglio…
Da un prelievo di sangue, ad esempio, possiamo identificare con estrema esattezza le cellule tumorali circolanti, andando a sostituire le attuali biopsie dei tessuti, che sono invasive e non possono essere ripetute nel tempo. Un traguardo importantissimo. Ma ci sono anche molte altre eccellenze nel nostro Paese legate all’imprenditoria che continuano a investire in questo settore.
Un’ultima domanda: cosa ci insegna questa emergenza? Cosa possiamo imparare per il futuro?
Io credo che una cosa fondamentale sia la rapidità delle decisioni. In questi frangenti il tempo è fondamentale. È molto meglio prendere una decisione senza tutti i dati a supporto, ma prenderla, che prenderla esattamente giusta troppo tardi. E credo che – ma è una tematica che fortunatamente sta già venendo fuori nel dibattito sociopolitico – il nostro Paese dovrà dotarsi di un sistema più snello e meno burocratico che gli consenta una gestione più agevole di queste emergenze. Adesso dobbiamo vincere questa sfida, ma non possiamo non pensare anche al futuro. Se ci aspettiamo nuove ondate di contagio dobbiamo muoverci per tempo e procurare gli strumenti diagnostici per poterle affrontare in maniera efficace.