Skip to main content

Covid-19. Dopo l’ora legale, il giorno legale? Il commento di Atelli

Il Covid-19 inciderà profondamente sull’infinitamente grande (fenomeni e dinamiche globali) così come sull’infinitamente piccolo (la vita quotidiana di ciascuno dei circa 8 miliardi di abitanti del pianeta).

Ora che il tema d’attualità è quello della cosiddetta Fase 2 (quando? come? ecc.), e che abbiamo alle spalle l’esperienza di circa 30 giorni di difficili rifornimenti quotidiani (quelli rimasti consentiti, dagli alimentari alle farmacie), fra le questioni che occorre senz’altro porsi c’è il modo nel quale – se non arriva presto una soluzione terapeutica al virus – dovremo imparare a calcolare, per un verso, e gestire, per altro verso, il tempo. Il nostro tempo, quello cioè della vita quotidiana di ciascuno, fatto di e riempito da attività essenziali (non solo per noi, ma anche per la continuità dell’intero sistema sociale ed economico).

Progresso e tecnologia hanno funzionato, nei decenni scorsi, da formidabile acceleratore, consentendoci di fare molte più cose in molto meno tempo. La risposta primordiale – il distanziamento sociale – al virus, nemico primordiale e invisibile, ha l’effetto di costringerci a riscrivere daccapo questa parte del nostro modello di società. Non più “fast”, ma “slow”: fare la spesa o acquistare un prodotto in farmacia richiedono, nell’emergenza, molto tempo. Che va messo in preventivo sin dal principio e obbliga ciascuno a fare rinunce, o, comunque, scelte.

Il nuovo Dpcm che detta le regole per le prossime settimane, fino al 4 maggio, prevede – per i negozi – accessi regolamentati e scaglionati attraverso “ampliamenti delle fasce orarie” e, per locali fino a quaranta metri quadrati, l’accesso di un consumatore alla volta, oltre a un massimo di due operatori.

Al di là del boom che stanno facendo registrare le consegne a domicilio, è difficile pensare che l’intero Paese riesca o voglia convertirsi al 100%, e in pochi giorni, al sistema delivery. Le ragioni sono mille: anelasticità organizzativa di tante strutture di vendita, abitudini personali di molti consumatori, l’atavica diffidenza culturale di una parte di loro, ecc.

La conseguenza sarà, con tutta probabilità, una reingegnerizzazione delle nostre giornate, attraverso un ripensamento delle strutture temporali in cui tipicamente si è articolato sino ad oggi. Si tratterà, in concreto, di dosare diversamente (in alcuni casi, anche molto diversamente) elementi vecchi e nuovi: più tempo destinato alle esigenze familiari in senso ampio (in quanto materialmente richiesto anche per le code – con distanziamento sociale e accessi scaglionati – dinanzi agli esercizi commerciali, ma anche per l’accesso a uffici e strutture pubbliche e private, nonché agli studi professionali); meno tempo destinato a viaggi e spostamenti per lavoro (soluzione videoconferenza); più frammentazione, elasticità e diluizione dei tempi di lavoro nell’arco di una stessa giornata, stessa settimana, stesso mese (smart working); meno tempo assorbito dalle incombenze burocratiche (in forza della prevedibile accelerazione nella digitalizzazione dei servizi); affermazione di un più forte concetto – anche sul piano legale – di “perentorietà” dei termini (in particolare, di ultimazione di un’attività), quale diretto riflesso dello spostamento radicale di attenzione (in ambito sia pubblico sia privato) dal processo al prodotto, cioè al risultato finale.

Culturalmente, il passaggio più impegnativo sarà nell’accettare (anche da parte del mondo produttivo) l’idea che si tratta di un nuovo schema “a pacchetto”, del quale non si possono considerare isolatamente i singoli elementi (a seconda delle convenienze e dei rispettivi punti di vista), e che comporta la riscrittura di una parte intera del nostro sistema di relazioni industriali.

A valle – e sempre salvo che (come tutti speriamo) sia presto trovato l’antidoto al virus – la necessità di una diversa dosimetria e di un diverso modello culturale verosimilmente ci condurranno (a distanza di molti anni dalla vicenda, che ancor oggi fa discutere, dell’ora legale) a porci nuovamente il problema di legificare il tempo (quotidiano).

La nostra vita sarà migliore? Impossibile saperlo oggi, certamente sarà diversa.


×

Iscriviti alla newsletter