Un compromesso è tale se ciascuno ha di che dolersi e di che giovarsi. A scanso d’equivoci, per quanti credono che imporsi sia la sola condotta da adottare: il mondo dei compromessi è il solo in cui la mattina non esci di casa per ammazzare qualcuno, la vita civile è un compromesso. Quello europeo di ieri è un compromesso, peraltro qui anticipato in quasi tutti i suoi aspetti. Perché logici.
Quando noi, la Spagna la Francia ed altri facciamo osservare la necessità di un vasto piano d’investimenti, finanziato da debito comune, giustificato dal fatto che il virus non è certo colpa di qualcuno e finalizzato a spingere la ripresa e colmare le vaste perdite, diciamo cosa buona e giusta. Quando ci fanno osservare, Olanda, Germania e altri, che il debito comune conviene a chi paga tassi più alti, a causa della sua colpevole trascuratezza e pelosa generosità di bilancio, ma non conviene affatto a chi paga tassi più bassi, talché quel debito è già di per sé un trasferimento di ricchezza dai più virtuosi ai più viziosi, dicono cosa vera e triste.
A questo si deve aggiungere un fatto assai importante: solo i gonzi, affetti da nazionalismo straccione, credono che lo scontro sia fra Paesi, in realtà è dentro ciascun Paese. Ed è un fatto positivo: le scelte europee sono tema di scontro fra interessi dentro ciascun Paese. In alcuni è ottusamente un tabù parlare di eurobond, in altri è ottusamente un tabù parlare di fondo salva Stati. E le due falangi ottuse sono fra loro alleate pur andando in direzioni opposte. Se vincessero si scannerebbero. Si chiama politica ed è in uggia solo a chi prende voti detestando la democrazia.
E veniamo al compromesso. Ieri un cammello è passato dalla cruna dell’ago: il debito europeo c’è. Non solo in quel che si è deciso, ma nelle conseguenze, a medio tempo, di quelle scelte. Di soldi, però, ce ne sono pochi. Per passarci, il cammello, s’è fatto filiforme. Ancora una volta: sbagliato valutare il presente come se non ci fosse passato e non esistesse futuro. Quindi riassumiamo: i soldi che noi stiamo spendendo, ogni annuncio (vasto) e ogni spesa (esigua) del governo deriva dalla sospensione del patto di stabilità (decisione della Commissione europea) e dai 250 miliardi in acquisti del nostro debito pubblico (made in Banca centrale europea), il che copre circa due terzi del fabbisogno annuo. A questi si aggiungano i 100 miliardi del fondo Sure, per il lavoro perso, i 200 della Banca europea investimenti, per le aziende, i 3000 che la Bce mette a disposizione del sistema bancario, per prestiti al sistema produttivo, escludendo premi e pagamento dividendi. Ieri c’è stata un’asta Btp decennali, per 10 miliardi, chiusa a un tasso calante rispetto alla precedente. Non è la Fata turchina, e certo non la premiata zecca del Gatto e della Volpe: è la Bce.
Questi sono i soldi veri, in circolazione. Il rischio più grosso è che non si sia capaci di spenderli, in fretta. Poi ci sarebbe anche l’aspetto umanitario. Ringraziamo ancora i mitici medici cubani e i preziosi aiuti russi e cinesi (che noi aiutammo all’inizio di questa storia). Una gretta contabilità (fatta dal Corriere della Sera), recita quanto segue: a. mascherine giunte dalla Cina 200mila, dalla Russia 250mila, Germania 830 mila, Francia 1 milione; b. respiratori giunti dalla Cina 40, dalla Russia 45, Germania 300; c. gli altri sono lontani, specie Cuba, ma in Germania 85 posti di terapia intensiva e relativi voli militari per i trasferimenti.
Talora il dolore e la paura inducono a perdere la testa, taluni si giocano anche la dignità e l’indipendenza, ma è bene tenere i nervi a posto e ricordarsi che conservare l’accesso al credito e al più ricco mercato del mondo, quello europeo, è decisivo. Sia per la salute che per la ricchezza, visto che le due sono gemelle inseparabili.