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Italia, chiuso per caos. Cosa ostacola la ripresa secondo Giacalone

Siamo i primi ad avere chiuso, in Europa e in questa parte del mondo, rischiamo d’essere gli ultimi ad aprire. All’inizio per colpa del virus, poi del caos. Le chiusure sono state la reazione ad una aggressione di cui non conoscevamo niente. Il solo modo per non infartuare le strutture sanitarie. La situazione è migliorata, non perché siano cessati i contagi (tutt’altro, e con le riaperture cresceranno), ma perché il nemico è un po’ meno sconosciuto e si è imparato cosa fare nell’emergenza sanitaria. È costato molte vite. La tempesta continua, qui come altrove, ma la barca si riesce a tenerla in un qualche equilibrio.

Le aperture sono necessarie. Anche per il tedio e le tensioni che star chiusi crea, ma prima di tutto perché si deve tornare a lavorare e a studiare. Quello è il modo di produrre ricchezza. E se è vero che non serve a nulla la ricchezza senza salute è pure vero che la salute s’accompagna alla ricchezza. Quindi si deve riaprire, usando un solo criterio nazionale, adattandolo, se necessario, alle realtà locali (non necessariamente regionali), e prevedendo misure di prudenza (presento una mozione sicuramente perdente: detesto “distanziamento sociale”, che sa di classismo, si potrebbe usare: “distanze interpersonali”?).

Purtroppo le riaperture sono assai complicate dal caos che è lievitato durante le chiusure. Ciascuno vuol far vedere che dice una cosa, fissa una data, organizza condizioni. Con il risultato che non si fa, non si fissa e non si organizza nulla. Quasi si cancella il fatto che non siamo mai stati del tutto chiusi e che le attività produttive aperte, salvo quella sanitaria, del tutto diversa, non sono state volani di mortalità.

Quindi sappiamo già che si può, con prudenza, ma si può. In un supermercato si corrono più rischi che in un cantiere o in un campo. E, a proposito di campi: i prezzi dei prodotti agricoli crescono significativamente, anche perché mancano fra i 270 e i 350mila lavoratori immigrati grazie ai quali si fanno i raccolti e si limitano i costi, e quei prezzi salgono non perché, come qualche ottuso mantenuto ideologizzato suppone, mancano gli “schiavi”, ma perché quegli immigrati regolari, con regolare contratto, non possono muoversi. Dobbiamo sbrigarci a rimuovere gli ostacoli, altrimenti la ripresa sarà più lontana e più difficile.

Intanto la liquidità che era necessario fosse immediata sta ancora gorgogliando lontano dai rubinetti finali e, con una copertura europea, Commissione e Bce, senza precedenti, scarseggiano capitali nel mentre non sono mai stati così abbondanti. Sempre a causa di strozzature italoitaliane. Come tale è il caos generato, con un’abbondanza di commissioni, tavoli e gabine di regia che, con il loro mostrarsi, sembrano negare la ragione del loro costituirsi.

Serve un solo indirizzo, un solo criterio, flessibilità nel tradurlo in pratica e serve imparare dagli errori commessi e dalle storture che ci hanno così fortemente svantaggiato. Ce ne è di che rimettersi subito e seriamente al lavoro.


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