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Non è Mes, non è eurobond, è Epss (la soluzione europea alla crisi)

Tra Mes ed eurobond la spunta l’Epss? Si potrebbe definire una specie di ibrido, ma forse in grado di mettere d’accordo un’Europa mai così divisa e letigiosa. Prima gli eurobond, ora il Mes, Bruxelles non trova la quadra, ancora. Forse però c’è una terza via, che piace all’Italia, alle prese coi dubbi sull’accesso agli aiuti del Meccanismo Salva Stati. I quali, giova ricordarlo, non prevedono condizioni solo se i fondi vengono utilizzati per la sanità, per una linea di credito pari al 2% del Pil di ogni Stato membro. La terza via si chiama European Pandemic Support Scheme (Epss), il piano per l’emissione di bond europei proposto dalla Commissione Ue e di cui primo sponsor è proprio l’Italia.

OBIETTIVO EPSS

Il piano è contenuto nella proposta che la Commissione europea si appresta a sottoporre ai Paesi membri, domani in occasione del delicato Consiglio Ue del 23 aprile. D’altronde, le incertezze sul Mes sono tante e le possibilità che sbocci il Recovery fund da 1.500 miliardi già domani, poche. Il piano, ha reso noto l’agenzia Public Policy, troverebbe la piena approvazione da parte dell’Italia ma non fa parte di una proposta italiana ai Paesi Ue.

Questo lo schema, la differenza con gli eurobond è sottile, ma c’è perché non riguarda direttamente i debiti sovrani, che non verranno mutualizzati: Bruxelles emetterrà dei bond comunitari al fine di prendere in prestito risorse sui mercati per finanziare e per trasformarle in prestiti back to back (particolare tipo di prestito che prevede l’eliminazione del rischio di cambio sull’indebitamento) ai Paesi membri e alimentare al contempo il Recovery fund. Per aumentare la potenza di fuoco del piano tutti i Paesi membri forniranno garanzie comuni all’Ue che possono essere gradualmente sostituite da, nuove, proprie risorse. In altre parole, l’idea è quella di costruire un salvadanaio con le azioni della Commissione con cui si andrebbero a finanziare una serie di programmi di ripresa economica.

IL RECOVERY FUND IN PAUSA

D’altronde, l’esigenza di ricorrere a strumenti temporanei e alternativi a Mes ed eurobond, è dettata dal fatto che il Recovery fund non sarà nei fatti attivo prima di giugno. E comunque manca un accordo politico. La fumata nera sul Fondo per la ripresa è data ormai per certa e una risposta con ogni probabilità non si avrà prima di giugno. Sul punto le distanze restano talmente nette che dal summit molto probabilmente non usciranno delle conclusioni comuni, ma sarà il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, a mettere nero su bianco un documento sullo stato di avanzamento del dibattito.

Il Recovery Fund farà parte del pacchetto a quattro gambe che la Ue metterà in campo per contrastare le conseguenze economiche della pandemia, ma su come dovrà essere realizzato le posizioni restano lontane. Il fronte sud spinge però per dimensioni ampie e un tempo più ampio, i Paesi del Nord tengono la linea contraria. Un’intesa oggi “è fuori portata” dicono fonti di alto livello di un Paese Ue di primissimo piano.

Le divisioni in seno all’Europa rimangono sia sulla potenza di fuoco del Fondo, sia sulla durata. L’Italia chiede un Recovery Fund incentrato sul bilancio dell’Unione Europea, che possa permettere alla Commissione di prendere a prestito sui mercati finanziari per effettuare prestiti agli Stati membri con la più lunga scadenza possibile.

Quanto al Mes, l’Italia punta ad avere una ulteriore conferma che le linee di credito del Fondo salva Stati per le spese sanitarie siano messe in campo senza condizionalità, ribadendo che il ricorso al Mes senza condizioni resta a discrezione dei singoli Stati membri. Inoltre resta da discutere come il Fondo sarà legato al bilancio pluriennale Ue. Insomma, anche qui dubbi.

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