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Perché è l’ora di una società unica per la rete. Parla il prof. Vatalaro

Una rete unica per telecomunicazioni efficienti e aggiornate alle esigenze di un Paese sempre più bisognoso di tecnologia. L’Italia insegue da tempo il sogno di una società unica che possa gestire la nostra rete per la banda ultralarga, quella in fibra. Da tempo, tra i principali sponsor dell’operazione c’è Tim: l’ex monopolista, proprio pochi giorni fa ha incassato il sostegno del mercato e degli analisti che vedono di buon occhio la volontà del ceo Luigi Gubitosi di spingere forte sulla creazione di una società per la rete unica, al fine di dotare il Paese di un unico grande investitore nella rete.

Gli analisti di Mediobanca, che hanno organizzato l’incontro con il management Tim, ritengono da parte loro che ci siano tutte le condizioni perché si realizzi una rete unica e che si stia creando sull’argomento anche un maggiore consenso politico. A buon vedere, visto che lo stesso ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, poco più di un mese fa, aveva posto la rete unica alla base della crescita del Paese, definendo l’intera operazione rete come strategica.

Ieri sono scesi in campo anche i piccoli azionisti dell’ex Telecom, riuniti in Asati, per i quali è tempo di stringere le maglie e gettare le basi per una convergenza vera tra Tim e Open Fiber, la società pubblica (50% Cdp – 50% Enel) nata nel 2016 con l’obiettivo di cablare con la fibra l’intero Paese. Gubitosi, durante la conference call, ha poi toccato il delicato tema della società della rete, con cui cablare l’intero Paese. In una lettera al premier Giuseppe Conte, i soci minori dell’ex Telecom hanno sottolineato come l’emergenza che il Paese sta vivendo “richiede l’urgente adozione di misure e iniziative atte a potenziare le infrastrutture di rete, migliorandone la disponibilità, la capacità e la qualità. E un efficiente potenziamento della rete non può prescindere dalla creazione di una rete unica”.

L’integrazione auspicata dai piccoli soci è appunto quella tra la rete in fibra di Tim e quella di Open Fiber. Basti pensare che al momento solo il 23% del nostro Paese è raggiunto dalla rete in fibra, un bene necessario come non mai nell’ultimo mese, magari a chi sta barricato in casa per lavorare e studiare malgrado la pandemia.

Formiche.net ha chiesto il parere di Francesco Vatalaro, ordinario di Telecomunicazioni presso la Facoltà di Ingegneria di Tor Vergata. “Della rete unica si parla da anni, almeno dieci. Chiaramente in tutti questi anni gli scenari sono cambiati. Questa grave crisi che stiamo subendo in questi giorni ovviamente potrebbe ancora una volta cambiare le carte in tavola”, spiega Vatalaro. “In Italia puntiamo a realizzare delle soluzioni di concorrenza, questo è scritto anche nelle direttive comunitarie. Tuttavia, dobbiamo renderci conto che l’attuale situazione di emergenza impone un ripensamento della concorrenza. Il che ci deve spingere nella direzione di una società unica”.

Secondo Vatalaro “la questione oggi è capire che c’è un problema di efficienza, nella gestione delle telecomunicazioni italiane. Questo problema è sorto nel momento in cui si è creata la concorrenza tra nuovi e vecchi soggetti. In un momento come questo, in cui al Paese serve efficienza e l’economia deve ripartire, occorre riflettere su come e dove si investe nelle telecomunicazioni. Di qui è evidente come una razionalizzazione, nella rete, vada perseguita”. Ma c’è di più.

“La concorrenza è di per sé sempre preferibile, certo, però oggi c’è questo problema: le tecnologie in fibra per il fisso e in 5G per il mobile sono tecnologie che hanno problemi di sostenibilità, nel senso che è difficile avere il rientro economico per gli operatori tlc che vi investono. Questo non accadeva per le tecnologie più vecchie. E dunque, se si vuole portare avanti questa tecnologia garantendosi al contempo dei ritorni, occorre lavorare sull’efficienza e l’efficienza chiama direttamente in causa una società unica per la rete”, spiega l’economista e docente.

“In altre parole, una società unica, nelle aree più popolose garantirebbe quell’efficienza che manca. Anche perché che la fibra in Italia cresca lentamente è noto, molta gente non passa alla fibra perché gli applicativi, come Netflix o tecnologie per le videoconferenze, funzionano ancora tutto sommato bene con la rete in rame, ma in futuro non sarà più così, servirà per forza di cose la fibra”.

 

 

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