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Modello Veneto, Zaia ha in mano un vantaggio strategico. Ecco quale

“Modello Veneto”. Dopo tanto cercare in giro per il mondo, eccolo il modello migliore per contrastare la diffusione del coronavirus. Piano piano sta prendendo spazio l’ipotesi che per sconfiggere il virus e rilanciare la fase 2 (la ripartenza, per capirci) forse la metodologia applicata dalla Regione Veneto può rappresentare un riferimento. E l’investitura arriva anche da super-media internazionali come il Financial Times e il New York Times – ambienti dove il pensiero liberal prende forma, e che sono tutt’altro che morbidi con la compagine politica che amministra la regione (e questo è già un dato nel dato).

Giovedì il governatore leghista Luca Zaia ha detto: “Smettiamola con questa ipocrisia, da noi il lockdown non esiste più, perché di fatto già oggi il 60 per cento delle aziende sta lavorando”. Ossia, il messaggio è: qui in Veneto è passata la tempesta e stiamo già viaggiando verso il futuro. Parlava durante la consueta conferenza stampa, passaggio pubblico con cui il leader s’è messo in discussione davanti ai cittadini, ha prolungato la fiducia durante la fase tetra della crisi, ha stabilito con loro l’archetipo di un patto sociale rinnovato dall’epidemia.

È chiaro che Zaia miri anche a produrre all’esterno l’immagine di una regione operosa, una macchina produttiva che il virus non ha scalfito, che è stata in grado di mettere in atto contenimenti e ripartenza che fanno da esempio. Un minimo (minimo?) di spin politico va considerato, e d’altronde anche questo rientra nel ruolo che il leghista – antagonista cordiale del leader Matteo Salvini – ricopre. La dichiarazione anche per questo è stata ripresa con giubilo e polemica, dipende dallo schieramento (è la polarizzazione, bellezza!), ma forse serve una lettura diversa (più geopolitica).

Mercoledì Zaia, nella sua quotidiana comunicazione, ha parlato dell’ospedale da campo arrivato dal Qatar, come donazione – un equipaggiamento che nei giorni scorsi i cargo dell’Emiro hanno portato direttamente a Venezia per essere impiegato appunto in Veneto, ma una spedizione identica è stata accolta, sempre in questi giorni, dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a Pratica di Mare. Si tratta, per dirla come Zaia, della “versione luxury” degli ospedali da campo: 400 posti (ampliabili fino a 500), oltre 5000 metri quadrati, quattro moduli forniti di tutto (letti, cablaggi e climatizzazione compresi).

È in pratica sopra alla media di un’infrastruttura sanitaria italiana, pronto per eventuali nuove ondate virali (in autunno?), ma anche per altri generi di catastrofi (terremoti? Alluvioni?), E Zaia dice che questo “è un piccolo tesoro in un magazzino … [che] non ha nessuno”, e soprattuto dice che lo ha “contrattato personalmente” (con Doha?). Poi aggiunge: “Voi capite che se ci hanno scelto vuol dire che qualcosa di buono è avvenuto in questa regione”. Aspetti importanti.

Per quanto noto a Formiche.net, tutta la donazione da Doha – con cui l’Italia ha ottimi rapporti anche grazie al lavoro fatto recentemente dall’ex ambasciatore Pasquale Salzano, ora top manager in Cdp – è stata gestita dalla Farnesina. Ma se Zaia parla pubblicamente di un suo ruolo nella trattativa, si tende a pensare che qualcosa di vero ci sia. D’altronde l’azione qatarina in Italia è molto regionalizzata, si pensi alla Sardegna per esempio, ma anche al Veneto stesso, appunto.

A Rovigo c’è il rigassificatore “Isola di Porto Levante”, in cui il Qatar è presente al 23 per cento come quote. È il punto di approdo adriatico del Gnl dell’emirato. Il gas naturale liquido è il bene più prezioso per Doha, che basa l’export sulla presenza di punti di rigasificazione in cui molto spesso interviene direttamente con quote: servono ad aprire la strada alle rotte commerciali (altrimenti impossibili), ma anche a creare nodi fisici di una rete geopolitica.

Ora si sommi la copertura internazionale da FT e NyTimes, la dichiarazione sulle aziende riaperte in modo praticamente autonomo (mentre il governo italiano ancora è alle prese sulle decisioni per la fase 2), e la linea di rifornimento dal Qatar con un altro elemento che si è aggiunto in questi giorni: la lettera che la Confindustria tedesca ha mandato a quella italiana – è ben noto che il peso della compagine veneta nell’associazione guidata da Vincenzo Boccia è sostanziale. Ripartiamo insieme, il senso della missiva tedesca. La Berlino pragmatica delle industrie chiama la controparte a Roma in mezzo agli scontri europei, ed è evidente che è un passaggio che si integra perfettamente con le volontà dell’associazione italiana e con gli slanci dal Veneto – che è parte integrante della catena del valore tedesco.

La pandemia sembra delineare un futuro potenziale, l’azione geopolitica indipendente di entità territoriali. Tutto con nuance molto pastello, niente di troppo visibile, ma forse anche per questo più efficace. Se si considera la contiguità, e la continuità, del tessuto territoriale lombardo (uno dei bubboni tragici della crisi) con quello veneto, il successo nel confronto al virus della regione di Zaia diventa esempio internazionale e dunque carta strategica.

Riguardo al micro-management di queste relazioni internazionali, val la pena di ricordare che Padova – gemellata con Guangzhou – è stata uno dei punti di approdo iniziale delle operazioni di soft power cinesi, con l’arrivo di 300mila mascherine. Un lavoro che, secondo fonti dal posto, è stato condotto direttamente dal vicesindaco Arturo Lorenzoni, contender per la Regione di Zaia.

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